Piece of sweet cake with kiwi and honey, mint and fork in a plate, napkin on a wooden board background
<p> </p> <p style=”text-align: justify;”> <span style=”font-size: 12px; line-height: 1.4;”>È la più imponente ricerca genetica attuata fino ad ora, nata nell’ambito del progetto dell’European Collaborative Oncological Gen-Environmental Study (COGS): ha coinvolto oltre 100 istituzioni scientifiche internazionali – fra cui anche l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – e oltre 200 mila persone, metà di queste affette da cancro e metà in buona salute, con l’obiettivo di analizzare il genoma e scoprire ulteriori varianti genetiche implicate nell’insorgenza del cancro. Sotto il mirino in particolare quello del seno e della prostata che restano ancora ad oggi fra i ‘big killer’ oncologici, e quello delle ovaie che, sebbene meno diffuso, ha un rischio di mortalità elevatissimo (2 casi su 3) entro i primi cinque anni dalla diagnosi. Esito della ricerca sono stati 12 studi pubblicati su alcune delle più importanti riviste scientifiche, quali Nature Genetics, Nature Communications, The American Journal of Human Genetics, PLoS Genetics, che hanno identificato 74 nuovi geni (o regioni) del genoma che porrebbero essere associati ad un maggiore rischio di sviluppare il tumore: 41 per quello del seno, 23 per la prostata e 2 per le ovaie. «In particolare, i 41 nuovi geni per il cancro al seno ha spiegato Javier Benítez, direttore dello Human Cancer Genetics Programme al Centro Nazionale Spagnolo di Ricerca sul Cancro (CNIO) – fanno salire a quasi 70 le mutazioni che indicano un’alta probabilità di sviluppo della neoplasia in quanto alcune incoraggiano l’insorgenza del tumore aiutando le cellule malate a viaggiare nel corpo, altre favoriscono la crescita incontrollata dei tessuti ed altre ancora scardinano i meccanismi di controllo che fermano la divisione cellulare. In pratica, questo può significare un rischio aumentato, fino al 5% della popolazione, di incorrere nell’arco della vita in una diagnosi di tumore del seno». Ma c’è di più, perché lo studio ha messo in luce una lista di ‘vecchi’ geni (perché già noti) che andrebbero però (ed è questa la novità) ad aumentare il rischio di malattia in determinate condizioni. «Per prendere ancora ad esempio il cancro al seno – ha continuato Benitez – abbiamo scoperto fino a 1000 varianti genetiche che da sole hanno un basso indice di rischio, ma che se prese in gruppi (ossia se accumulate ad altri geni) diventano pericolose, aiutando così a spiegare la ragione dello sviluppo di malattia in alcuni pazienti». Conoscere le varianti genetiche che, da sole o in coppia, possono influenzare l’insorgenza del cancro, potrebbe segnare una svolta. «Ogni tumore ha alla base del suo sviluppo una storia genetica diversa. Dunque se riusciamo a identificare le condizioni ed i pazienti che hanno un rischio aumentato, e dunque maggiore probabilità di sviluppare il tumore – ha concluso il ricercatore spagnolo – potremo riconoscerne la malattia a fasi più primitive, o nei casi migliori, anche prevenirne la comparsa».</span></p> <p style=”text-align: justify;”> <strong>di Francesca Morelli</strong></p> <p> </p>