<p style=”text-align: justify;”> <img alt=”” src=”/documents/12586/0/Immagine.jpg?t=1340041297287″ style=”width: 200px; height: 318px; margin: 5px; float: left;” />E’ stato presentato in questi giorni in Senato il volume: “Malattie rare: alla ricerca dell’approdo – Contributo multidisciplinare per il Piano nazionale delle Malattie Rare”, realizzato con il contributo di Genzyme e Biomarin. Il libro raccoglie le testimonianze, i contributi, le osservazioni di quanti, politici, medici, associazioni di pazienti, si sono adoperati da anni per il riconoscimento sociale di queste malattie e per incentivare la ricerca sui farmaci cosidetti “orfani”, spesso trascurati dalle aziende farmaceutiche perché somministrati a pochi pazienti. <Eppure, complessivamente, sono più di 200 le malattie definite “rare” e due milioni gli italiani, soprattutto bambini, che ne soffrono> puntualizza il senatore Antonio Tomassini, presidente dell’ Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto della prevenzione, che da 16 anni sta lavorando con grande impegno per l’approvazione di un progetto di legge che garantisca soluzioni concrete a tutti i malati. <Questo libro racchiude una sintesi del nostro lavoro, riportando tutti i documenti normativi e tecnici pubblicati in questi anni. Rappresenta pertanto un contributo essenziale per focalizzare quei temi che dovranno essere inclusi nel Piano nazionale per le malattie rare da presentare alla Commissione europea entro il prossimo anno>. I punti essenziali sono riassunti dal dottor Flavio Bertoglio, presidente della Consulta Nazionale per le Malattie Rare, che raccoglie le principali associazioni di pazienti. <Chiediamo di estendere lo screening neonatale a tutte le malattie “rare” e non solo a cinque di esse, come avviene ora. Non devono esistere malattie di serie A e serie B o C. Le decisioni sulle diagnosi e le cure devono essere prese a livello nazionale e non demandate alle singole regioni. Occorre aiutare concretamente le famiglie dei pazienti con agevolazioni fiscali, incentivi e contributi per consentire loro di seguire i malati a domicilio. E infine le associazioni dovrebbero essere sempre interpellate e i referenti consultati nella stesura dei piani di assistenza e gestione di queste malattie>.</p> <p style=”text-align: justify;”> di Paola Trombetta</p>