Sono soprattutto donne, con laurea in Medicina e meno di 35 anni. In totale sono 50 i ricercatori italiani, che hanno ottenuto altrettante borse di studio (25 nel 2014 e 25 nel 2015), assegnate dalla SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, ed erogate da Merck & Co, tramite la consociata MSD Italia. Le borse di studio, del valore di 25 mila euro l’anno, sono state selezionate da tre Commissioni della SIMIT per tre aree di ricerca: HIV, HCV e infezioni fungine.
«Questa iniziativa offre nuove opportunità ai giovani ricercatori e consente loro di fare ricerca in autonomia», dichiara Massimo Andreoni, Past President SIMIT, Professore ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. «Attualmente la ricerca medico-scientifica è in grave difficoltà e moltissimi giovani devono cercare in altri Paesi le opportunità a cui dovrebbero poter avere accesso in Italia».
Infezione da HCV, infezione da HIV e infezioni fungine sono tra le condizioni infettive a maggior impatto sanitario, ma sono anche quelle dove si sono registrati i più significativi progressi terapeutici. L’Italia è il Paese europeo con la più alta prevalenza di infezione da HCV (circa il 3%). Le stime parlano di 350.000 casi notificati, che potrebbero anche raggiungere i 500.000, con circa 10.000 decessi ogni anno per cirrosi o epatocarcinoma. Rilevante l’impatto per il Servizio Sanitario, dal momento che l’infezione da HCV è cronica e che in alcuni casi solo il trapianto di fegato è in grado di salvare la vita dei pazienti. Per questo motivo è prioritario trattare precocemente e urgentemente tutti i pazienti. Con i farmaci oggi disponibili, e ancora di più con quelli in arrivo, sempre più efficaci e meglio tollerati, si potranno curare sempre più pazienti con l’obiettivo di arrivare finalmente a eradicare la patologia.
«Nella terapia anti-HCV si sono registrati progressi significativi – afferma il professor Andreoni – grazie allo sviluppo di farmaci antivirali ad azione diretta che possono essere somministrati per via orale e che sono in grado di eradicare il virus in più del 90% dei casi: sicuri e ben tollerati, efficaci anche in pazienti difficili con malattia avanzata. L’accesso a questi farmaci, però, deve fare i conti con i loro costi molto elevati che rappresentano una sfida per i nostri sistemi sanitari».
In Italia i nuovi casi di infezione da HIV si sono assestati da diverso tempo intorno ai 4.000 l’anno. Al momento, sono circa 100.000-110.000 le persone infette e seguite presso le strutture di malattie infettive. Fondamentali le attività d’informazione rivolte a tutte le persone sessualmente attive per ridurre l’incidenza, ancora troppo elevata. «Per quanto riguarda la mortalità – osserva Antonio Chirianni, Presidente SIMIT e Direttore del Dipartimento Malattie Infettive ed Urgenze Infettivologiche, AO Ospedali dei Colli “Monaldi-Cotugno-CTO” di Napoli – questa si è ridotta del 90% a partire dalla metà degli anni ’90 con l’avvento delle terapie combinate che hanno portato a un migliore controllo dell’infezione. Gli inibitori dell’integrasi, come raltegravir, si sono inseriti al momento giusto e, in associazione ad altri farmaci antiretrovirali, permettono di “colpire” il virus che viene bloccato in più punti della sua replicazione».
Un fenomeno in preoccupante e costante crescita è rappresentato dalle infezioni fungine invasive, la cui incidenza è in aumento in Italia e nel mondo in relazione all’aumento dei pazienti gravemente immunodepressi o che necessitano di cure in terapia intensiva. Nonostante si tratti di patologie neglette, queste infezioni pongono seri problemi per la vita dei pazienti fragili (il 70% dei ricoverati). Nei pazienti più critici il tasso di letalità delle infezioni disseminate da Candida albicans supera il 60% e dipende dalla tempestività della diagnosi e dell’introduzione di un’appropriata terapia. Nei pazienti oncoematologici che sviluppano un’aspergillosi invasiva la malattia è gravata da una letalità del 90%. Controlli più efficaci e una corretta prevenzione potrebbero contribuire a ridurre del 20% circa i casi di infezione fungina.
«Una pronta diagnosi e il tempestivo inizio di un adeguato trattamento sono strettamente necessari per ridurre l’impatto delle infezioni fungine in particolar modo delle sepsi da Candida – sottolinea Marco Tinelli, Segretario SIMIT e Direttore UOC Malattie Infettive e Tropicali, Azienda Ospedaliera di Lodi – l’estensione dell’utilizzo degli antimicotici rappresenta un indispensabile strumento per la razionalizzazione dell’impiego dei farmaci, il miglioramento del risultato e il contenimento dei costi». (P.T.)