Virus Respiratorio Sinciziale: un nuovo farmaco per proteggere i neonati

Il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV), che si presenta con tosse e raffreddore che possono evolvere in bronchioliti, continua a preoccupare i genitori dei bambini sotto i due anni: a ottobre, novembre e dicembre si è infatti registrato un alto numero di casi, causando problemi nella gestione degli accessi ai reparti anche in concomitanza con il Covid. Oggi però esiste un’arma preventiva e protettiva: si chiama Nirsevimab ed è un nuovo anticorpo monoclonale che sembra in grado di proteggere i neonati durante la loro prima stagione contro il virus respiratorio sinciziale: anche una sola dose sembrerebbe sufficiente per immunizzare i piccoli per un lungo periodo, riducendo così il rischio di contrare le malattie correlate all’RSV fino al 74%.

«Questo anticorpo monoclonale – spiega il professor Fabio Mosca, past president della Società Italiana di Neonatologia (SIN) e Direttore del Dipartimento per la Salute della Donna, del Bambino e del Neonato della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – si somministra entro i primi 6 mesi di vita a tutti i nati prima della 29esima settimana e fino alla 35esima settimana, in presenza di fattori di rischio. Il ciclo di profilassi prevede 5 iniezioni intramuscolari da effettuare una volta al mese, da inizio novembre a marzo. La sua efficacia è confermata dal fatto che è riuscito a contenere i contagi, proteggendo i bambini dalle forme più gravi ed evitando il ricovero. Tra quelli ricoverati la maggior parte era a termine, cioè nati dopo la 37 esima settimana e non sottoposti a questa terapia. È comunque importante tenere alta la guardia perché, nonostante i casi oggi siano meno numerosi, il virus RSV non è scomparso. Molti bambini colpiti hanno avuto contemporaneamente anche il Covid. Non ci sono ancora dati che documentino con certezza quanto sia stata grave l’infezione quest’anno, ma sappiamo che ha avuto connotati diversi rispetto al solito in termini di severità e anticipo. E proprio per questa “doppia ragione”, nei bambini che hanno incominciato la profilassi a ottobre, si potrebbe pensare alla sesta dose per completare il periodo di copertura fino al termine della stagione più a rischio».

Questi risultati positivi sono confermati anche da uno studio di fase III, condotto sulla molecola e pubblicati sul New England Journal of Medicine, una rivista internazionale prestigiosa che consulta il mondo accademico e scientifico per avere informazioni accreditate. Lo studio ha coinvolto neonati sani, nati a termine e pretermine tardivi (a partire da 35 settimane di età gestazionale), ed avrebbe dimostrato, oltre all’azione di lunga durata del farmaco, anche un profilo di alta tollerabilità e sicurezza: come a dire una piccola dose, con pochi rischi (un margine di probabili eventi avversi esiste sempre per qualsiasi farmaco) ma di massima efficacia. Considerato il momento storico che stiamo vivendo la notizia è benvenuta, anche a detta dei clinici.

«In questa ultima stagione abbiamo osservato un aumento dell’RSV – spiega William Muller, professore di pediatria alla Northwestern University Feinberg School of Medicine e direttore Scientifico del Clinical and Community Trials, Ann & Robert H. Lurie Children’s Hospital of Chicago, nell’Illinois – a seguito dell’allentamento delle misure di salute pubblica da Covid-19. Occorre per tanto intraprendere azioni di immunizzazione ad ampio raggio per contribuire a mitigare l’impatto che l’RSV causa ai neonati, alle loro famiglie e ai servizi sanitari». I dati raccolti su questa molecola potrebbero confermare l’obiettivo: nirsevimab ha il potenziale per offrire una protezione da RSV a tutti i neonati, rappresentando dunque un cambiamento nell’approccio a questa malattia».

Francesca Morelli

 

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