Un device elettronico per controllare meglio la terapia nei pazienti parkinsoniani

In occasione della Giornata Nazionale Parkinson che si celebra sabato 26 novembre, vorremmo focalizzare l’attenzione su questa malattia neurologica che ha registrato negli ultimi anni il maggiore incremento come incidenza di nuovi casi e per la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha iniziato una campagna di sensibilizzazione globale, perché rappresenta una delle cause maggiori di disabilità in neurologia. In Italia il Ministero della Salute stima che ci siano circa 230 mila persone malate, un dato sottostimato soprattutto negli anziani. Circa il 10% dei pazienti contrae la malattia prima dei 50 anni e risultano più colpiti i maschi rispetto alle femmine. Si calcola che, tra la popolazione generale, venga diagnosticato un nuovo caso ogni 4 mila abitanti e, sopra i 50 anni, un nuovo caso ogni 1000.

La malattia di Parkinson è caratterizzata da una progressiva degenerazione delle cellule dopaminergiche e la diagnosi si basa sulla presenza di rallentamento motorio, ipertono muscolare e tremore e avviene quando oltre il 50% delle cellule dopaminergiche è già stato colpito. A questi sintomi si associa poi una progressiva compromissione dei meccanismi del controllo posturale e della deambulazione tali da compromettere le capacità motorie dei pazienti. Pur nella sua gravità, la malattia rappresenta un’ eccezione in neurologia grazie alla possibilità di utilizzare una terapia sostitutiva che compensi il deficit dopaminergico e consenta un buon controllo motorio per molto tempo dopo la diagnosi. Nonostante anni di questa terapia, alcuni pazienti iniziano a manifestare sintomi quali fluttuazioni motorie e ipercinesie, ossia periodi di blocco motorio prolungato e/o movimenti involontari che provocano forti disabilità e impattano in modo significativo sulla loro qualità di vita.

<In molti pazienti può accadere che, dopo diversi anni, la terapia orale non sia più in grado di controllare in modo soddisfacente la sintomatologia> afferma il Professor Fabrizio Stocchi dell’Università e IRCCS San Raffaele Roma. <Nel 40-50% dei casi le fluttuazioni motorie compaiono dopo 5 anni di trattamento e nell’80% si manifestano dopo 10 anni, mentre la prevalenza di ipercinesie in pazienti che seguono cure a lungo termine varia dal 30 all’80%>. Risulta fondamentale, quindi, un approccio terapeutico appropriato che tenga conto di queste possibili variazioni.

Oggi è possibile affrontare con successo questa fase critica grazie all’innovativa terapia integrata con Dacepton, un farmaco a base di apomorfina, il più potente tra i dopamino-agonisti, che consente in tempi rapidi la riduzione della durata delle fasi di blocco motorio e dell’intensità delle ipercinesie, garantendo al tempo stesso minore invasività rispetto alle altre cosiddette “terapie avanzate”. La novità di questa terapia integrata è rappresentata dalla pompa D-mine, un device elettronico di ultima generazione, che permette anche il monitoraggio dell’aderenza al trattamento e da D-mine care, un servizio di assistenza al paziente con infermieri e call center a disposizione per tutto il periodo di cura. Una somministrazione più semplice insieme a un’assistenza infermieristica assicurata, sono due elementi unici nel panorama terapeutico oggi disponibile, che fanno la differenza per il paziente e il caregiver.

<Lo sforzo della ricerca scientifica degli ultimi anni è rivolto al tentativo di restituire al paziente parkinsoniano, in fase avanzata di malattia, quella stessa stabilità di condizione motoria garantita nei primi anni di trattamento>, commenta il Professor Angelo Antonini dell’Università di Padova. <Particolare attenzione è stata posta sulle modalità di somministrazione di farmaci dopaminergici, così importante per il buon esito della terapia, che mira a superare le difficoltà del trattamento orale utilizzando una via di somministrazione sicura e più semplice come quella sottocutanea. L’opportunità terapeutica integrata di Dacepton rappresenta un importante passo avanti in tal senso, soprattutto perché è integrata con un servizio di assistenza infermieristica al paziente, che parte dalla fase iniziale di formazione sul corretto utilizzo della pompa D-mine, e prosegue in maniera costante per tutta la durata del trattamento, consentendo la raccolta di preziose informazioni sull’andamento della terapia, elaborate e condivise con il clinico di riferimento>.

Paola Trombetta

 

 

 

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