Sanità digitale: l’Italia fanalino di coda dell’Unione Europea

Cartella clinica informatizzata, telemedicina, app, dispositivi indossabili, intelligenza artificiale: sono i nuovi modelli di cura che utilizzano sempre più soluzioni digitali. Ma l’Italia sembra essere il fanalino di coda rispetto agli altri Paesi europei. Lo confermano i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, presentati in occasione del convegno “Gestione del paziente cronico nell’era della digitalizzazione” che si è svolto di recente a Roma, su iniziativa di Fondazione Roche.

<L’innovazione digitale rappresenta l’elemento utile a colmare il divario tra bisogni e risorse>, puntualizza il professor Paolo Locatelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio. <Le soluzioni digitali possono giocare un ruolo fondamentale verso nuovi modelli di cura. La diffusione di tali soluzioni stenta oggi a realizzarsi nel nostro Paese: appaiono insufficienti gli investimenti in sanità digitale, da parte del sistema pubblico e privato, e poco digitale risulta la gestione del paziente cronico, e più in generale dei cittadini>. <Nelle malattie croniche, la digitalizzazione è un tema di primo piano quando si ragiona in termini di programmazione degli interventi sociosanitari. Il digitale però nella continuità di cura è ancora poco sviluppato>, ha precisato la professoressa Mariapia Garavaglia, Presidente di Fondazione Roche.

Secondo un’indagine dell’Osservatorio, le soluzioni che abilitano lo scambio di documenti sui pazienti attraverso strumenti informatizzati vengono utilizzate solo dal 29 per cento delle aziende sanitarie e dal 23 per cento dei professionisti. Il supporto informatico per la presa in carico del paziente risulta diffuso soprattutto per le attività gestionali e amministrative, come la gestione dei dati anagrafici (80 per cento delle aziende) e delle prenotazioni (63 per cento). L’informatizzazione stenta, invece, a diffondersi come strumento per i percorsi di cura individualizzati: solo una azienda su tre utilizza un supporto digitale per l’analisi dei dati dei pazienti. Anche i cittadini risultano “poco digitali”, secondo l’Osservatorio del Politecnico. Sono tre su dieci i cittadini che non si sentono in grado di utilizzare questi strumenti, soprattutto i più anziani. E si mostrano ancora poco digitali anche nella comunicazione col proprio medico: ben sette su dieci preferiscono incontrarlo di persona. Fra coloro che si servono di strumenti digitali, la maggior parte utilizza l’email (15 per cento), poi vengono gli Sms (13 per cento) e infine WhatsApp (12 per cento). Fra i medici che non usano questi strumenti, uno su due teme che si possano creare incomprensioni con i pazienti ed è diffusa la preoccupazione che l’utilizzo di questi strumenti possa aumentare il carico di lavoro del medico e comportare rischi legati al mancato rispetto della normativa sulla privacy.

Paola Trombetta

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