Perchè i bambini rispondono meglio all’infezione da Coronavirus?

Mentre stanno partendo le prime sperimentazioni del vaccino anti-Covid in età inferiore a 16 anni in diversi centri internazionali, tra cui l’Ospedale Buzzi di Milano, è ormai riconosciuto che il numero di bambini contagiati è molto ridotto rispetto agli adulti e, anche se viene contratta l’infezione, i sintomi sono piuttosto lievi e la guarigione rapida. Hanno provato a dare una spiegazione un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dell’Università di Padova e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, arrivando a scoprire che molto dipende dalla “qualità” del sistema immunitario che rende i più giovani in grado di neutralizzare più facilmente il virus.

Cosa si è osservato in realtà? I ricercatori hanno preso in esame 66 bambini, di età compresa tra 1 e 15 anni, ricoverati al Centro Covid del Bambino Gesù di Palidoro nell’estate del 2020, di cui la gran parte era paucisintomatica, cioè con sintomi molto lievi, divenuti poi asintomatici a distanza di una settimana, con una bassissima carica virale, tale da annullare di fatto la loro capacità infettiva, dunque la possibilità di contagio, anche in presenza di un tampone ancora positivo. In sostanza clinicamente guariti.

Come è stata possibile questa “buona” reazione a Covid-19? Dalle caratteristiche del profilo immunologico, questi bambini presentavano una grande quantità di linfociti T e B specifici, cioè di cellule che attivano una immunità “laddove serve”, in questo caso contro SARS-CoV-2. Questi linfociti, una volta entrati in contatto con l’agente patogeno (Covid-19), erano capaci di riprodursi velocemente e di produrre un gran numero anticorpi neutralizzanti, protettivi contro il virus. E’ stata notata anche un’altra importante differenza: bambini che nella loro storia clinica erano entrati in contatto con numerosi virus infettivi, principalmente virus influenzali, riuscivano a sconfiggere più rapidamente il SARS-CoV-2.

Cosa insegnano queste informazioni? Rappresentano importati spunti di ricerca: verranno infatti sfruttate per identificare e in futuro adottare migliori strategie terapeutiche. Ad esempio, per intervenire prima e con farmaci mirati (anticorpi monoclonali), per verificare l’efficacia delle vaccinazioni sui bambini e infine per disegnare possibilmente delle quarantene “su misura”, personalizzando il periodo di isolamento prima del rientro a scuola, riducendolo potenzialmente a una settimana. La ricerca, promossa dal gruppo di studio CACTUS – Immunological studies in children affected by COVID and acute diseases”, creato da medici e ricercatori del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero Bambino Gesù nel pieno dell’emergenza sanitaria, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Cell Reports.  

Francesca Morelli

 

 

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