L’enuresi notturna: un disturbo “sommerso” tra bambini e giovani

Il 10-20% dei bambini di 5 anni, il 5-10% di quelli di 10 anni e il 3% di adolescenti e giovani tra 15 e 20 anni, soffrono di enuresi, bagnando il letto quasi ogni notte. Numeri importanti, presentati in occasione dell’evento Enuresi notturna nel bambino e l’importanza di contrastarla, tenutosi  in Senato, su iniziativa della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), in collaborazione con l’Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la Salute e la Prevenzione. Eppure si tratta di numeri che possono essere contenuti con una diagnosi accurata, preventiva, efficace, facile, fin dalla prima segnalazione al pediatra, grazie a un semplice “diario minzionale” delle notti bagnate/asciutte. «La precocità del riconoscimento dell’enuresi – ha dichiarato il dottor Giuseppe Di Mauro, presidente della SIPPS – permette di intraprendere una adeguata terapia, tanto più efficace quanto più tempestivamente iniziata e mirata. E questo consente di evitare che, dal disagio fisiologico, si sviluppi anche un disagio emotivo, con abbassamento del livello di autostima e aumento del senso di colpa dei bimbi, frustrazione di mamma e papà e successive ripercussioni sulla resa scolastica e relazioni amicali». Ma non solo: mancare un trattamento adeguato da bambini, incrementa le probabilità di insorgenza di incontinenza in età adulta.

Per il controllo dell’enuresi è fondamentale l’alleanza di famiglia, pediatra e scuola, coinvolte in iniziative di informazione e sensibilizzazione e la promozione di buone abitudini, come consentire al bambino di bere o recarsi in bagno nel corso delle lezioni. Azioni sinergiche che si rendono necessarie poiché intorno all’enuresi regna ancora un senso di “omertà”, tanto che due bambini su tre non vengono correttamente diagnosticati e dunque curati, mentre il 60% dei piccoli con enuresi non viene sottoposto a visita pediatrica, lasciando che oltre 700 mila bambini non vengano presi in carico per questo problema. «La raccomandazione ai genitori – conclude Di Mauro – è di non tacere per vergogna o ritenendo che si tratti di un disturbo psicologico o che si risolverà spontaneamente con il passare del tempo. Non è così e, malgrado una riduzione con la crescita, il problema pipì a letto tende a permanere anche in età adulta nello 0,5- 1% dei casi».

Francesca Morelli

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