La formazione dei medici sulla “Cardiologia al Femminile”

Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di decesso nelle donne dei Paesi occidentali. La ricerca ha evidenziato importanti differenze di genere nella prevenzione, diagnosi e cura delle malattie cardiovascolari, dovute non solo a fattori biologici, ma anche sociali e culturali, che si sono accentuati durante la pandemia di Covid-19. In occasione della Giornata Internazionale delle Donne, Daiichi Sankyo Italia e Fondazione O.N.D.A. – Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna e di genere, supportano l’iniziativa “Cardiologia al Femminile”: due corsi di formazione per medici e sanitari ECM, tenuti da cardiologhe italiane, al fine di sensibilizzare la classe medica sulle tipicità di genere in ambito cardiovascolare. Il primo corso si è tenuto l’8 marzo; il secondo si svolgerà il 24 marzo, a partire dalle 17, in streaming. Per info: www.daiichi-sankyo.it. Ecco il programma: Ore 16.45 Apertura webinar e collegamento partecipanti Ore 17.00 Differenze di genere nell’infezione da Covid, Nicoletta Orthmann; Ore 17.15 Transizione menopausale e rischio cardiovascolare nella donna, Rossella Nappi; Ore 17.30 Differenze di genere nell’incidenza dell’Ictus, Anna Maria Cavallini; Ore 17.45 Differenze di genere nella risposta alle terapie Cardiovascolari, Cinzia Valenti; Ore 18.00 Tavola rotonda: Anna Maria Cavallini, Rossella Nappi, Cinzia Valenti. Moderatore: Nicoletta Orthmann.

In occasione del primo incontro, si sono evidenziate le significative differenze di genere che si osservano nella frequenza, nei sintomi, nella gravità e nella risposta ai farmaci in termini di efficacia e sicurezza, di moltissime malattie nelle diverse specialità. Le donne ad esempio hanno una percezione piuttosto bassa del rischio cardiovascolare e tendono a sottovalutare i sintomi: presentano manifestazioni cliniche di difficile diagnosi, tendono ad avere maggiori complicanze e peggiori prognosi, utilizzano farmaci studiati su campioni prevalentemente maschili, poiché soprattutto nella fase di sviluppo di un farmaco bisogna tener conto della vita riproduttiva e delle comorbilità che rendono la donna un soggetto più problematico.

<Ci sono differenze di genere anche nella manifestazione e nell’esito delle varie patologie cardiovascolari>, puntualizza Battistina Castiglioni, Direttore Dipartimento Cardiolovascolare – presidio di Tradate ASST – Sette Laghi. <E’ più probabile che l’infarto miocardico non sia riconosciuto nelle donne rispetto agli uomini (34% vs. 27%), ma è più frequente che nelle donne (80%) l’angina pectoris non sia complicata, mentre negli uomini l’angina tende a evolvere verso l’infarto (66%) e la morte improvvisa è più frequente negli uomini rispetto alle donne (50% vs 39%). A queste differenze si associano le difficoltà diagnostiche legate spesso alla diversa presentazione clinica delle patologie cardiovascolari nella donna, oltre alla scarsa consapevolezza sia da parte dei medici che delle pazienti, della specificità della malattia cardiovascolare nel sesso femminile>.

Anche l’ictus nelle donne rappresenta un problema grave, a lungo trascurato, nonostante la patologia cerebrovascolare acuta sia la terza causa di morte nel sesso femminile (nell’uomo è la quinta) e 1 donna su 5 vada incontro nel corso della sua vita a un ictus, tanto che si prevede che nel 2050 la mortalità per ictus sarà il 30% più alta nel sesso femminile, a causa della maggiore longevità. In Italia nel 2019 l’aspettativa di vita era di 85.4 anni nelle donne e di 81.1 negli uomini. <Le donne sono anche più esposte a un maggior rischio di diagnosi errata e di ritardato riconoscimento dei sintomi dell’ictus, che riduce la probabilità di usufruire degli interventi di ricanalizzazione sistemica e/o endovascolare in grado di modificare la prognosi>, aggiunge Anna Cavallini, Direttore Unità Complessa Neurologia d’Urgenza e Stroke Unit presso l’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia. <Purtroppo esiste ancora un’importante barriera nella comprensione dell’ictus nel sesso femminile, dei suoi effetti e dei possibili interventi terapeutici, sia in fase acuta che cronica, la cui causa va ricercata nella scarsa rappresentatività delle donne negli studi clinici>. Per quanto riguarda le terapie, l’utilizzo di nuovi farmaci anticoagulanti orali (edoxaban), che rispetto agli antagonisti della vitamina K sono associati a una ridotta incidenza di emorragie intracraniche, si è dimostrato invece particolarmente sicuro e di beneficio nel sesso femminile.

Paola Trombetta

 

 

 

 

 

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