Farmaci biosimilari: solo una persona su cinque li conosce

Maggiori informazioni sui biosimilari: che tipo di farmaci sono? E’ vero che hanno la stessa efficacia degli originali, ma costano meno?  A chi rivolgersi per saperne di più? Sono le domande ricorrenti emerse dall’indagine di Astra Ricerche, condotta su un migliaio di persone, tra 18 e 65 anni, presentata nell’ambito del Corso di Formazione Professionale “Il valore dell’informazione sui farmaci biosimilari, tra innovazione e sostenibilità”, promosso dal Master di comunicazione scientifica della Sapienza, La Scienza nella Pratica Giornalistica, con il supporto di Amgen. In realtà, solo il 20% degli intervistati sa che si tratta di farmaci con effetti analoghi a quelli biotecnologici originali, per i quali è scaduto però il brevetto di produzione.

«I biosimilari devono dimostrare di possedere la stessa efficacia terapeutica e sicurezza clinica dei loro originatori: per questo vengono condotti specifici studi clinici sui pazienti», afferma Pierluigi Navarra, Direttore dell’Istituto di Farmacologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. A marzo scorso AIFA ha rilasciato un secondo “position paper” sul tema, affermando il principio dell’intercambiabilità tra i biosimilari e i gli originatori E lasciando al medico la scelta della prescrizione.

Ma quali potranno essere concretamente i vantaggi per la spesa sanitaria? Una recente analisi ha cercato di quantificare l’impatto economico che 8 importanti farmaci biosimilari, impiegati per la cura dei tumori, del diabete e delle malattie infiammatorie croniche, avranno sulla spesa sanitaria nazionale tra il 2014 e il 2020. «Al termine del 2020, i risparmi stimati saranno tra i 750 e gli 800 milioni di euro. Risparmi che potrebbero essere ancor più consistenti, considerando i nuovi biosimilari (circa una dozzina) che arriveranno a breve sul mercato», afferma Francesco Saverio Mennini, Direttore Centro per la Valutazione Economica (EEHTA del CEIS), Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. L’avvento dei biosimilari di seconda generazione si consolida in Italia con il via libera, nei giorni scorsi, del biosimilare di trastuzumab, il farmaco che ha rivoluzionato il trattamento del tumore al seno. «I biosimilari terapeutici sono una novità molto positiva in oncologia, per le potenziali ripercussioni sulla sostenibilità dei trattamenti e per la conseguente possibilità di destinare le risorse liberate a trattamenti innovativi», afferma Michelino de Laurentiis, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Senologica dell’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli. «Dal punto di vista prescrittivo e clinico, la figura centrale è quella del medico, che privilegia l’uso di farmaci sostenuti da studi scientifici solidi e non basa le sue scelte solo sugli aspetti economici, ma perché crede al farmaco ed è questo il messaggio che deve arrivare ai pazienti».

L’area delle malattie reumatologiche è stata la prima dove sono stati sviluppati farmaci biotecnologici e successivamente biosimilari: «Le poliartriti croniche sono malattie con forte impatto personale e sociale, per la grave disabilità che possono indurre», afferma Roberto Gorla, Responsabile Progetto Poliartriti e Fibromialgia U.O. Reumatologia e Immunologia Clinica, Azienda Spedali Civili di Brescia. «Nella nostra esperienza, i farmaci biosimilari si sono dimostrati parimenti efficaci e sicuri delle molecole originali a brevetto scaduto, che utilizziamo da circa 18 anni e hanno permesso di risparmiare risorse significative, permettendo di curare molti altri pazienti».

Paola Trombetta

 

 

 

 

 

 

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