Appello di Women for Oncology per la sicurezza dei medici “in trincea”

Sono le categorie più esposte all’infezione: medici, infermieri, operatori sanitari lavorano ogni giorno in “trincea”, dovendo spesso sacrificare i propri affetti personali e mettendo a rischio la loro vita. Sono 3.000, circa il 9%, gli operatori sanitari contagiati dal nuovo coronavirus e 14 i medici deceduti. Le donne rappresentano circa l’80% degli operatori sanitari e degli iscritti alle facoltà mediche: le donne medico quindi rappresentano la categoria più esposta ai rischi che la diffusione di Covid-19 comporta, seppur la mortalità resta più frequente nel sesso maschile.

Secondo gli ultimi dati emersi da uno studio pubblicato sulla rivista “Science”, i pazienti asintomatici sono considerati i principali veicoli con i quali il virus si diffonde nella popolazione. <Oggi non è più possibile considerare la diagnosi soltanto per i pazienti sintomatici, come dimostrato anche dalla letteratura scientifica: questo comporta il rischio che, se anche gli operatori si ammalano, potrebbe essere fortemente ridimensionata la possibilità di curare i pazienti>, ha affermato la dottoressa Rossana Berardi, Direttore Medico, Ospedali Riuniti di Ancona, Università Politecnica delle Marche. <È necessario mettere in sicurezza tutti i medici e gli operatori sanitari attraverso un processo diagnostico che possa escluderne la positività e dotarci di tutti i dispositivi di protezione necessari per essere efficaci nella nostro compito di supporto e cura dei pazienti positivi. Oltre alle paure per la nostra sicurezza, siamo preoccupati di poter essere esposti a un alto rischio di contagio e di trasmettere l’infezione ai nostri cari, figli, genitori>.

La situazione allarmante è certificata anche da un articolo pubblicato sulla rivista “The Lancet”, che mette in evidenza come con l’accelerazione della pandemia, l’accesso ai dispositivi di protezione sanitari sia motivo di forte preoccupazione. Il personale medico ha la priorità in molti Paesi, ma la carenza di tali dispositivi è stata descritta in gran parte delle strutture interessate. Alcuni medici sono in attesa di attrezzature durante la visita a pazienti che potrebbero essere infetti o sono forniti con apparecchiature che potrebbero non soddisfare i requisiti.

<È fondamentale che i governi, sia quello Nazionale che le giunte regionali, non vedano i lavoratori come pedine da schierare, ma come esseri umani>, fa notare la dottoressa Marina Chiara Garassino, Presidente di Women for Oncology Italy. <Nella risposta globale alla pandemia, la sicurezza degli operatori sanitari deve essere garantita. Gli operatori sanitari, dai medici agli infermieri, sono la risorsa più preziosa di ogni Paese, soprattutto in un contesto come quello attuale. Un’adeguata fornitura dei dispositivi di protezione rappresenta il primo passo.  Risulta fondamentale, e lo chiediamo a gran voce, che vengano superate le disparità regionali per quanto riguarda di diagnosi di Covid-19 e che sul territorio nazionale siano omogenee le modalità diagnostiche per tutto il personale sanitario>.

Paola Trombetta

 

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