Un corto per cancellare gli “spettri” della psoriasi

“Spettri”: è il titolo del secondo cortometraggio che fa seguito a “Da Capo” presentato nel 2020, che intende sensibilizzare e rendere “visibile” l’impatto psico-emotivo causato dalla psoriasi. Una malattia cronica che “cambia” l’anima (la pelle dell’anima), fino a rivoluzionare le scelte di vita: le relazioni, le progettualità familiari, il tempo libero, l’intimità di coppia, il rapporto con i figli. Per il timore del giudizio sociale si celano emozioni, sentimenti, si rinuncia a vivere. Sentimenti forti descritti attraverso la metafora della musica, linguaggio universale, e del conservatorio: sonate che echeggiano dietro le porte delle sale prova da cui filtrano tuttavia le noti cruciali, al pari delle corde dell’anima che possono essere solo percepite. Ma la paura esplode sul palcoscenico, sul palco della vita, con tutti i suoi spettri. Ed ecco anche la scelta del pezzo musicale scelto per il cortometraggio: l’Opera 70 numero 1 di Beethoven, anche conosciuta come “Il trio degli spettri” che, secondo la leggenda, avrebbe un legame con il Macbeth di Shakespeare e, come in Macbeth, “Spettri” indaga i profondi dissidi che l’Io riesce a produrre sul vissuto del singolo individuo, andando a scavare tra desideri e paure. Tanto che il termine psoriasi nei racconti dei protagonisti, l’alunna Maria Vittoria Casarotti Todeschini, il maestro Nicola Nocella, Lisa Granuzza Di Vita, con la regia di Paolo Santamaria, non viene mai menzionata, ma sempre intuita.

Impatti psico-emotivi su cui oggi la medicina si interroga: «La psoriasi – spiega Stefano Piaserico, dermatologo dell’Università di Padova – cambia la vita delle persone: se questo impatto non viene affrontato, si ripercuote nel tempo generando un danno cumulativo nel corso della vita, chiamato CLCI Cumulative Life Course Impairment». È fondamentale, dunque, dare ascolto al paziente, valutare il “peso” che la psoriasi ha sulle mente e sull’anima: «È importante curare la persona con psoriasi, non il paziente con malattia, e la persona con psoriasi deve imparare a confidarsi con il medico  – prosegue Piaserico – sulla qualità della sua vita e sulle sue aspettative. Mentre compito del dermatologo è andare oltre l’osservazione dei sintomi e imparare a comprendere la persona a 360 gradi, nella sua dimensione olistica. Oggi disponiamo di armi terapeutiche molto efficaci, come gli anticorpi monoclonali, che possono aiutare a raggiungere e mantenere una pelle completamente pulita in un’elevata percentuale di pazienti con risultati mantenuti a lungo termine».

«L’importanza di vincere le proprie paure e trovare la strada per superare il profondo impatto psicologico e sociale della psoriasi – conclude Valeria Corazza, presidente APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza) – è il messaggio che emerge dal cortometraggio. Le persone con psoriasi hanno un ruolo centrale nella gestione della propria malattia: la consapevolezza di sé, la fiducia nello specialista (dermatologo) che cura la persona e un dialogo franco aiutano a superare dubbi, a conoscere i nuovi progressi della ricerca scientifica. Solo così potremo guadagnarci una vita libera dal peso della malattia». Il cortometraggio, promosso da AbbVie nell’ambito della campagna internazionale Let Me Be Clear, patrocinata da ADOI (Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica) e APIAFCO, è visibile sul sito web www.vicinidipelle.it e su tutti i social.

Francesca Morelli

 

 

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