Dermatite atopica: innovativa terapia orale

È la più comune tra le malattie della pelle e viene spesso sottovalutata e considerata un semplice eczema. In realtà la dermatite atopica è una malattia infiammatoria che può provocare anche gravi disturbi, soprattutto prurito intenso e incessante, dolore, insonnia, autoisolamento, stress e stigma sociale. In Italia, interessa oltre 35.000 tra adulti e bambini, che convivono con una forma severa. Nell’ultimo decennio la ricerca è progredita e sono sempre più numerose le terapie a disposizione dei pazienti. L’ultima arrivata è abrocitinib, approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e rimborsata dal SSN da gennaio 2023 per i pazienti adulti con dermatite atopica severa.

«La Dermatite Atopica è una malattia cutanea infiammatoria cronica che può perdurare per tutta la vita con fasi alterne di remissione e riacutizzazioni», spiega Giuseppe Monfrecola, Presidente SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse). «Si manifesta con arrossamenti molto estesi accompagnati da intenso e persistente prurito e/o bruciore, con una marcata secchezza cutanea. Le zone più colpite sono quelle più visibili: volto, collo, mani, gomiti e ginocchia. Per questa visibilità e il forte prurito, la patologia ha un pesante impatto sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. In Italia la dermatite atopica colpisce l’età pediatrica con percentuali del 15% circa, e con percentuali dell’8-10% in giovani/adulti».

Nella fase acuta la dermatite atopica, che ha un andamento altalenante e può favorire allergie, si manifesta con arrossamenti spesso associati a vescicole essudative. Nel tempo le lesioni progrediscono e diventano squamose, mantenendo l’arrossamento cutaneo. Il prurito molto intenso è il sintomo principale. Per una persona con dermatite atopica anche azioni normali per chiunque, come un bagno al mare o in piscina, fare jogging, passeggiare in un parco, possono essere attività sconsigliabili. La malattia si ripercuote sulla sfera interpersonale e lavorativa, a causa dello stigma sociale conseguente alle manifestazioni cutanee, che colpiscono aree visibili come il volto, il collo, le mani. Il paziente e la famiglia devono confrontarsi con questa malattia, che non è contagiosa né infettiva. L’utilizzo di abrocitinib potrebbe contribuire al miglioramento della qualità di vita per molti pazienti con dermatite atopica grave.

«Abrocitinib è un farmaco orale, da assumere una sola volta al giorno, che agisce bloccando una Janus Chinasi che interviene nella produzione di citochine infiammatorie, in particolare 4-5-13 che sono le principali responsabili della dermatite atopica», spiega Giampiero Girolomoni, Direttore UOC di Dermatologia e Malattie Veneree Azienda Ospedaliera di Verona. «Si tratta di un antinfiammatorio specifico per questa malattia della pelle, che agisce bloccando sia i mediatori dell’infiammazione sia i mediatori del prurito: in questo modo riduce l’infiammazione cutanea e anche il forte prurito. Il meccanismo d’azione è abbastanza rapido e nel giro di pochi giorni i pazienti riscontrano un miglioramento della sintomatologia. Abrocitinib va somministrato a pazienti selezionati e monitorati, giovani/adulti (dai 18 anni di età) colpiti da una malattia più grave. Il farmaco può essere assunto per tutto il tempo che serve, può essere interrotto e ripreso a seconda delle necessità. Si inizia la terapia con una dose un po’ più alta e man mano si riduce il dosaggio a seconda della risposta del paziente, fino ad arrivare ad una dose di mantenimento».

La diagnosi di dermatite atopica è in genere tardiva; spesso va fatta una diagnosi differenziale con altre patologie cutanee, come, ad esempio, la dermatite seborroica o la psoriasi. Quanto alla prognosi, la dermatite atopica può migliorare o scomparire entro i primi 5 anni di età ma le riacutizzazioni sono frequenti in adolescenza e nell’età adulta.

«Rispetto a 20 o 30 anni fa la situazione oggi è un po’ migliorata: dermatologi formati e centri di dermatologia sono presenti in tutto il Paese e sono disponibili più presidi terapeutici rispetto a prima. Ma c’è ancora molto da fare», puntualizza Mario Picozza, Presidente ANDeA  (Associazione Nazionale Dermatite Atopica): convivere con una malattia come la dermatite atopica è una battaglia e una sfida continua. È una malattia che si “sente” e si “vede”. Il paziente, a causa del prurito incessante e del dolore, non dorme e di giorno non riesce a concentrarsi, ha sonno e non può essere produttivo, né a scuola né a lavoro. La qualità della vita è gravemente compromessa. I risvolti psicologici sono importanti: la consapevolezza del proprio corpo, l’autostima, il distress e la paura del giudizio degli altri. Frequenti i fenomeni di isolamento sociale e di bullismo. Tutto questo genera ansia, depressione, tristezza, paura e ritiro sociale. La dermatite atopica è stata sottovalutata e sottotrattata per anni: ANDeA nasce nel 2017 per portare all’attenzione pubblica e delle istituzioni le problematiche legate a questa patologia invalidante. Come Associazione abbiamo stilato un Manifesto programmatico con i 10 punti nei quali chiediamo interventi puntuali alle istituzioni e lo facciamo partecipando ove possibile ai tavoli decisionali e mantenendo un dialogo costante con i decisori politici».

di Paola Trombetta

 

“Skin & Cancer”: un progetto di collaborazione tra dermatologi e oncologi

Secchezza della pelle, bruciore, prurito, desquamazione, rossori: posso essere anche le conseguenze di alcune terapie antitumorali, che incidono negativamente sulla vita di relazione. Per questo è partito il Progetto Skin & Cancer, promosso da Pierre Fabre Italia (Eau Thermale Avène), in collaborazione con la task force SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse) “TICURO” e alcune delle principali Associazioni Pazienti italiane (A.I.Ma.Me., APaIM, Associazione Melanoma Italia Onlus, Europa Donna Italia, Fondazione IncontraDonna). Il progetto supporta il modello di collaborazione multidisciplinare tra oncologo e dermatologo, che assumono un ruolo fondamentale nella prevenzione, gestione e trattamento degli eventi avversi cutanei tramite un monitoraggio adeguato del paziente oncologico.

«Se consideriamo che le principali reazioni cutanee, associate ai trattamenti antitumorali, interessano circa l’80% dei pazienti oncologici, è fondamentale porsi in maniera proattiva all’ascolto dei loro bisogni», precisa la Professoressa Bianca Maria Piraccini, Direttrice Scuola di Specializzazione Dermatologia e Venereologia dell’Università di Bologna e referente regionale SIDeMaST . «Nonostante si tratti di un problema troppo spesso sottovalutato, gli effetti delle terapie oncologiche sulla cute non solo causano ripercussioni significative sulla qualità di vita, ma possono ledere il benessere psicofisico al punto da compromettere la continuità e quindi l’efficacia dello stesso percorso terapeutico».

«Grazie ai progressi della ricerca, la patologia oncologica tende nel tempo a trasformarsi in una patologia cronica, sempre più gestibile rispetto al passato», dichiara il Dottor Pietro Sollena, Medico specialista in Dermatologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. «L’approccio medico/paziente deve necessariamente cambiare: oggi l’obiettivo non è più solo trattare la malattia, ma raggiungere il benessere globale della persona. Le problematiche cutanee legate alle terapie oncologiche possono avere un impatto non solo sul fisico, ma anche sulla sfera psicologica, sui rapporti sociali e di coppia. Per questo motivo è fondamentale considerare il paziente nella sua complessità, attraverso una presa in carico multidisciplinare che tenga conto anche dell’alterazione della pelle e degli annessi cutanei. Basti pensare che perdere i capelli è uno tra gli effetti indesiderati più temuti di alcuni trattamenti antitumorali, che impatta molto sulla qualità di vita dei pazienti».

P.T.

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