Prevenzione vaccinale per la salute del futuro

Vaccinarsi per evitare le malattie e poter invecchiare in salute: l’esperienza del Covid insegna… Ma quanti e quali sono gli italiani che si vaccinano e contro quali malattie? Dai dati emersi in occasione dell’evento che si è tenuto i giorni scorsi al Ministero della Salute: “Investire sul futuro: la prevenzione vaccinale come volano di salute, benessere e sostenibilità”, promosso da Adnkronos, con Senior Italia Federanziani e Federsanità Anci, realizzato in collaborazione con FB&Associati e il contributo di GSK, il 63% degli over-65 si è sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale, a fronte di un obiettivo del 75% indicato dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale; il 3% si è vaccinato contro lo pneumococco, rispetto alla previsione del 75% e addirittura solo l’1% si è vaccinato contro l’Herpes zoster (o “fuoco di Sant’Antonio”). Una vaccinazione quest’ultima ancora poco praticata, nonostante il 42% degli intervistati la conosca e sappia che è gratuita e più del 34% abbia ricevuto le informazioni dal proprio medico, come dimostra un’indagine condotta da Senior Italia FederAnziani su un campione di circa 1400 soggetti over 65, in prevalenza donne (54,7%) rispetto al 45,3% degli uomini. Alla domanda se è noto che altri vaccini raccomandati dal Servizio Sanitario nazionale per adulti e anziani siano gratuiti, quasi l’80% degli intervistati ha risposto di esserne a conoscenza, il 15,3% dichiara di avere ricevuto poche informazioni mentre il 4,4% afferma di non averne mai sentito parlare. «Questi dati emersi dall’indagine evidenziano comunque una scarsa adesione e informazione», commenta Roberto Messina, Presidente Senior Italia Federanziani. «Gli anziani vogliono sapere di più dei vaccini a cui hanno diritto a titolo gratuito, ma soprattutto vorrebbero poter essere vaccinati all’interno degli studi dei medici di medicina generale anche perché non tutti gli anziani abitano vicino ai centri vaccinali e non sempre riescono ad accedere a questi strumenti di prevenzione».

I benefici della vaccinazione vanno oltre la prevenzione di malattie acute, come è stato per il Covid: evitano conseguenze a lungo termine come le comorbilità e la cattiva salute, riducendo l’incidenza di complicazioni di malattie croniche, tra cui il diabete, le malattie respiratorie e l’insufficienza cardiaca. Pertanto, l’immunizzazione degli adulti non solo previene malattie, ricoveri ospedalieri e decessi prematuri, ma fornisce anche un più ampio beneficio economico, sia individuale che sociale. Uno studio della Johns Hopkins University ha analizzato gli effetti degli investimenti in prevenzione sul contenimento della spesa sanitaria: per ogni dollaro speso in vaccini si risparmiano 16 dollari per le spese mediche e 28 dollari per costi indiretti legati alla produttività del lavoro, in totale 44 dollari. Le vaccinazioni sono particolarmente consigliate alle persone fragili, ai malati oncologici e agli anziani più esposti alle infezioni, per evitare decessi e forme gravi di malattia.

«Attualmente la vaccinazione più praticata dagli anziani e dai malati fragili è quella antinfluenzale», precisa la professoressa Marcella Marletta, del Comitato esecutivo della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (F.A.V.O.). «Non esiste un protocollo preciso nei pazienti oncologici, ma ci sono diverse vaccinazioni che potrebbero evitare complicanze nei malati fragili. Per questo sarebbe opportuno personalizzare le vaccinazioni in queste categorie di soggetti, con piani appositi nell’ambito dei Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA), su suggerimento dei medici e delle Reti oncologiche per individuare quali siano le vaccinazioni più adatte per questi pazienti».

Approvazione della legge delega per la tutela degli anziani

«L’importanza delle vaccinazioni per la popolazione adulta e anziana è un tema al centro delle politiche condotte dal Ministero della Salute, con un’offerta vaccinale attiva, gratuita e omogenea su tutto il territorio nazionale», ha dichiarato il Ministro della Salute, Orazio Schillaci in una nota di saluto. «L’Italia è tra gli Stati europei con maggiore longevità e in futuro si prospetta un ulteriore invecchiamento della popolazione che porta con sé un incremento delle malattie croniche e una perdita di autonomia, che colpisce maggiormente gli anziani con reddito più basso. Promuovere la cultura della vaccinazione attraverso campagne di comunicazione mirate, come quelle che abbiamo realizzato per la vaccinazione antinfluenzale e anti-Covid, rappresenta un tassello importante a tutela della salute degli anziani, che sono oggi al centro di un forte impegno, da cui è nato il cosiddetto Ddl Anziani, che introduce deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane, proprio in questi giorni in approvazione al Parlamento».

«Con l’approvazione della legge delega, dovrebbe cambiare totalmente la natura di assistenza e prevenzione nei confronti di 14 milioni di anziani, che rappresentano un quarto della popolazione italiana», conferma l’onorevole Luciano Ciocchetti, vicepresidente Commissione Affari Sociali. «Verranno programmati piani individualizzati dal punto di vista sociale e sanitario. E soprattutto si aprirà un grande settore sul territorio, con una sanità più vicina alla gente che, attraverso cure domiciliari, sia in grado di accompagnare le persone più fragili e quelle non autosufficienti, per non costringerle a dover andare sempre in ospedale. In questi piani individualizzati, che saranno organizzati all’interno dei distretti e delle case della salute in ogni luogo del Paese, sarà possibile offrire informazioni, dare notizie, somministrare vaccinazioni e avere la possibilità di fare un buon lavoro di prevenzione». Entro il 2030, si prevede che il numero di persone di età pari o superiore a 60 anni aumenterà di oltre un terzo, raggiungendo 1,4 miliardi di persone nel mondo e l’Italia è uno dei Paesi più longevi, al secondo posto tra i 27 Stati Membri dell’Unione Europea, con una media di 83,6 anni, dopo la Spagna.

Le vaccinazioni come investimento, anche economico

«I programmi di immunizzazione durante il corso della vita, sono una delle misure di maggior successo per mantenere la salute pubblica», conferma il dottor Giovanni Rezza, direttore generale Prevenzione del Ministero della Salute. «Le vaccinazioni, infatti, devono essere considerate un investimento, perché consentono un risparmio di costi diretti e indiretti che, nel medio e lungo termine, favorisce la sostenibilità del sistema sanitario e socio-economico del Paese. Nonostante questo, la vaccinazione non è stata ancora sfruttata appieno per i vantaggi che può portare, soprattutto per quanto riguarda la popolazione adulta. Se a livello pediatrico la vaccinazione ha raggiunto risultati di tutto rispetto (sebbene ulteriormente migliorabili), nell’adulto è ancora lontana dal raggiungere livelli di protezione adeguati nell’interesse della salute delle persone, della sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale (riducendo i costi per esami e ospedalizzazioni) e dell’obiettivo di raggiungere una vita attiva fino in età avanzata. Il problema maggiore per gli anziani è la cosiddetta “triade maledetta” costituita da: influenza, pneumococco e Herpes zoster. Durante gli anni della pandemia c’è stato un problema di coperture vaccinali non ideali. Per quanto riguarda l’influenza, il primo anno pandemico ha registrato un aumento del numero dei vaccinati, solo perché non era ancora disponibile il vaccino contro il Covid e quindi c’è stata una corsa a vaccinarsi almeno nei confronti dell’influenza. Per la prima volta gli anziani hanno raggiunto coperture rilevanti; dopo, invece, si è verificato un crollo anche nelle coperture antinfluenzali. Per quanto riguarda i vaccini anti-pneumococco e anti-Herpes zoster, sappiamo che per il primo le cose non vanno totalmente male, mentre per l’Herpes zoster le coperture sono del tutto insufficienti. È vero che il “fuoco di Sant’Antonio” non è una patologia letale e che la percezione del rischio è bassa, ma è una malattia molto fastidiosa, contro la quale bisogna agire per aumentare le coperture, stimolando i cittadini a vaccinarsi. E questo è possibile coinvolgendo i medici di medicina generale, ma anche gli specialisti che hanno in cura persone anziane, soggetti fragili e immunodepressi». Una recente ricerca di Altems ha considerato il numero di casi di influenza, malattia da pneumococco e Herpes zoster nella popolazione italiana, malattie oggi prevenibili grazie a vaccini. L’impatto annuo complessivo è di circa 1,1 miliardi di euro. Tuttavia, l’80% dei Paesi europei spende meno dello 0,5% della spesa sanitaria per i programmi di immunizzazione.

Strategie per immunizzare anziani e pazienti fragili

«L’attenzione ai vaccini, con particolare riguardo alla popolazione sopra i 60 anni e nei soggetti immunodepressi, deve andare oltre il Covid», puntualizza il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie infettive e Tropicali. «Malattie che riteniamo banali, come può essere una semplice influenza, ogni anno uccidono in Italia tra le 5.000 e le 15.000 persone. Questo è un esempio per dimostrare come i vaccini possano aiutare a combattere questi pericoli. Il Covid ha dimostrato quanto sia importante la vaccinazione, soprattutto nei soggetti fragili e nelle persone anziane. Nonostante tutto, l’aver insistito molto sulle vaccinazioni contro il Covid, ha creato una sorta di “diffidenza” verso gli altri vaccini. Per questo è fondamentale l’informazione, soprattutto da parte dei medici di base, per rassicurare le persone e spiegare loro l’importanza della prevenzione vaccinale. I vaccini contro pneumococco, antimeningococco e Herpes Zoster rappresentano una grande opportunità contro malattie dalle gravi conseguenze. Oggi i vaccini sono in grado di prevenire una ventina di patologie che, soprattutto nei soggetti fragili, potrebbero essere letali. Ridurre queste infezioni rappresenta un’arma in più anche nella lotta all’antibiotico-resistenza, una minaccia dei prossimi decenni. Grazie ai vaccini si potrebbero salvare complessivamente 2-3 milioni di vite».

«È fondamentale approfittare dello sforzo che si è fatto per la vaccinazione anti-Covid per garantire ai fragili le coperture adeguate su importanti patologie, mettendo in atto strategie vaccinali integrate che uniscano la vaccinazione anti-Covid con le altre, come l’antinfluenzale, ma anche quelle anti-Herpes Zoster e anti-pneumococco, incentivando, dove possibile, la co-somministrazione», aggiunge la professoressa Roberta Siliquini, della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e  Sanità Pubblica (SITI). «Alle vaccinazioni già citate, aggiungerei anche quella contro la pertosse. Sempre più spesso infatti riscontriamo infezioni nei nonni, spesso a contatto con i nipoti che hanno questa malattia. L’offerta vaccinale deve essere più vicina al cittadino, con ospedali, farmacie e ambulatori di medicina generale, luoghi dove si possa esigere il diritto alla vaccinazione in piena sicurezza. A tal fine è necessario promuovere, anche tra i medici specialisti, la conoscenza delle vaccinazioni raccomandate dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale per i pazienti fragili. È importante prevedere un reale “open access” all’anagrafe vaccinale, semplificando l’inserimento dei dati relativi alle vaccinazioni somministrate e garantendo il rapporto tra anagrafe vaccinale e altre piattaforme digitali, come il Fascicolo sanitario elettronico».

«In questo contesto è necessario il coordinamento delle strutture sanitarie, territoriali e ospedaliere, sulla presa in carico del paziente», conclude la dottoressa Tiziana Frittelli, presidente Federsanità Anci. «Laddove il paziente è un soggetto fragile, cronico, oncologico, che richiede ricoveri ospedalieri, è necessario coordinare la somministrazione dei vaccini al momento della dimissione dall’ospedale, intervenendo così in maniera semplice e tempestiva sui pazienti più a rischio. L’unica risposta possibile è quella di inserire il concetto di invecchiamento attivo in tutte le politiche pubbliche, come un obiettivo strategico, al fine di garantire una società di benessere per tutte le età. In questo contesto Federsanità è attivamente impegnata da anni nell’Alleanza HAPPY AGEING: insieme alle Società scientifiche e le parti sociali, è nata con lo scopo di guardare all’invecchiamento attivo, non come un problema o un carico sociale, ma come una straordinaria occasione per ripensare integralmente la società. In questo contesto molti territori, tramite le nostre Federsanità regionali, sono impegnati in progetti di promozione di sani stili di vita, orientati proprio alla terza età, come i 10mila passi di salute, la promozione del movimento in collaborazione con le strutture messe a disposizione dai Comuni (scuole, Centri anziani…), la vaccinazione a domicilio contro in COVID degli anziani residenti nelle Aree più remote di alcune regioni. L’invecchiamento attivo passa attraverso le vaccinazioni, il movimento, l’alimentazione; con una visione di prevenzione a 360° che è legata alla quotidianità, ai luoghi e ai servizi che non sono solo sanitari. Se, ad esempio, la chiamata attiva da parte delle ASL nei confronti degli anziani per le vaccinazioni trova un punto di incontro e diffusione nelle Comunità locali, le percentuali di adesione aumenterebbero in modo importante. Quindi, è proprio quando le politiche di “promozione della salute” dei Comuni si completano con le attività dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL che si riesce a incidere sulla qualità della vita di tutti i cittadini e di quelli anziani in particolare».

di Paola Trombetta

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