Trombosi? No grazie: se la conosci, la eviti

Beatrice, 29 anni, ha avuto improvvisi dolori lancinanti alla testa. Si fa accompagnare al Pronto soccorso dove, in un primo momento, i medici non sospettano la diagnosi e la rimandano a casa. Ma il dolore di giorno in giorno diventa sempre più insopportabile: gli antidolorifici non funzionano e finalmente una TAC rivela la presenza di trombi nelle vene cerebrali. Fatta la diagnosi, iniziata la cura, Beatrice ha ritrovato la vita. Dario, 39 anni, sportivo, dopo un trauma subito giocando a calcetto, si accorge della comparsa improvvisa di un gonfiore importante che si estende fino all’inguine, accompagnato da un dolore acuto come una morsa. Pensa che passerà e porta pazienza per qualche giorno. Ma il dolore continua e allora decide di andare al Pronto soccorso. La diagnosi è trombosi venosa profonda: viene curato con farmaci anti-trombotici, che sembrano utili, ma il gonfiore non regredisce e nemmeno il dolore. Una TAC conferma che la trombosi si è estesa alle vene iliache nell’addome, fino alla vena cava, che riporta il sangue al cuore. Il ritardo nella diagnosi purtroppo costa alle vene delle gambe la perdita di elasticità, anche dopo la guarigione: perchè il trombo si scioglie, ma l’estensione della trombosi e il ritardo nel cominciare la cura lascerà una insufficienza cronica delle vene della gamba, e sarà necessario portare calze elastiche per tutta la vita. Dario, Beatrice, ma anche Federica e Filippo hanno avuto un incontro ravvicinato con la trombosi e lo hanno raccontato ad ALT Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus perché nessuno possa dire un giorno “io non lo sapevo!”

Le storie di tante persone colpite da infarto cardiaco, ictus cerebrale, embolia polmonare, trombosi arteriosa e venosa diventano un racconto condiviso, in occasione della 10a Giornata Nazionale per la Lotta alla Trombosi, che si celebra mercoledì 21 aprile 2021, per informare e prevenire la trombosi e le sue conseguenze. Un argomento più che mai attuale, che è balzato alle cronache di questi giorni dopo alcuni episodi di trombosi verificatesi in Italia in seguito alla somministrazione del vaccino Astra Zeneca contro il Covid. Cerchiamo allora di capire cosa sono le trombosi e quali rischi comportano.
«Le malattie da trombosi interessano in Italia 600 mila persone ogni anno: si chiamano infarto, ictus cerebrale, embolia polmonare, trombosi delle vene e delle arterie», puntualizza la dottoressa Lidia Rota Vender, Presidente di ALT. «Colpiscono il doppio dei tumori: sono l’evento più probabile dopo i 65 anni, ma non risparmiano i giovani e i bambini. Si possono evitare in un caso su tre, si possono sospettare e curare: le esperienze di chi ha già avuto un incontro ravvicinato con una trombosi possono insegnare molto a tutti. La 10a Giornata Nazionale per la Lotta alla Trombosi è dedicata alla diffusione della conoscenza dei sintomi che non dobbiamo trascurare o sottovalutare per evitare le malattie da trombosi, raccontati da chi li ha vissuti in prima persona e vuole condividere la propria storia».

Quest’anno la Giornata Nazionale per la Lotta alla Trombosi è un’edizione interamente digitale: tutti sono invitati a partecipare inviando la propria storia a: alt@trombosi.org, raccontata con un testo breve di 20 righe, oppure con un audio o un video di tre minuti. Le storie saranno pubblicate sul sito: www.giornatatrombosi.it. Aggiornamenti e informazioni sono disponibili sul sito internet e sui canali social Facebook e Instagram di ALT, #storieditrombosi.

«Ciò che colpisce e deve far riflettere è che, in ogni storia, troviamo una frase ricorrente: “la trombosi mi ha cambiato la vita”», aggiunge la dottoressa Vender. «In molti casi la trombosi si cura, quando la si conosce, ma in altri casi si perde involontariamente tempo e il ritardo nel riconoscerla e curarla lascia conseguenze che a volte cambiano davvero la vita, condizionandone la qualità. Sappiamo quali sono i meccanismi della trombosi e quali i sintomi che devono farla sospettare. Una trombosi che si forma nelle vene dalla gamba, se non riconosciuta e curata, può liberare frammenti di trombo che diventano emboli e possono chiudere le arterie del polmone, causando embolia polmonare: una complicanza grave che si verifica in una persona su due fra quelle colpite da trombosi venosa profonda. La trombosi nelle arterie coronarie causa infarto del miocardio, nelle arterie delle gambe causa arteriopatia periferica. Un trombo può formarsi anche nel cuore, in un paziente che soffre di fibrillazione atriale e libera emboli che possono arrivare al cervello provocando un ictus, all’intestino causando un infarto intestinale o alla retina causando cecità. I sintomi sono tanto più gravi quanto più grande è l’arteria ostruita dal trombo e quanto più importanti sono le cellule che rimangono senza ossigeno: un trombo che ostruisce il fluire del sangue in un’arteria del cervello toglie ossigeno e vita a neuroni che comandano funzioni fondamentali, come il linguaggio, il movimento, la sensibilità, che quindi si perdono. Se il trombo si forma in un’arteria coronaria, uccide una parte del cuore, le cellule muoiono, compare un dolore come una spada che trafigge il petto, che può irradiarsi al braccio, al dorso o alla mandibola, il respiro si fa corto, il cuore perde la sua efficienza e tutte le cellule del corpo soffrono perchè la pompa cardiaca funziona male e il sangue in periferia non arriva. Se il trombo si forma in una vena e libera frammenti, questi viaggiano nel sangue e possono arrivare al polmone, causando embolia polmonare: il respiro si fa corto, compaiono strisce di sangue nel catarro, un dolore acuto si manifesta alla schiena, la fronte suda, con la sensazione di perdere i sensi. Allo scopo di evitare tutti questi rischi, è fondamentale conoscere la trombosi e i suoi sintomi per essere in grado di aggredire questo evento senza perdere tempo e impedirne le conseguenze a lungo termine. Anche dopo la somministrazione del vaccino contro il Covid, se compaiono sintomi sospetti, si deve assolutamente consultare il medico per prevenire danni peggiori. La conoscenza è un patrimonio a disposizione di tutti, ma ancora troppo pochi purtroppo sono in grado di utilizzarla», conclude la dottoressa Vender.

di Paola Trombetta

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