Esami radiologici: sono da temere al tempo del Covid-19?

Le donne hanno sempre guardato alle radiazioni e al rischio di esposizione legato a esami radiologici, con timore soprattutto se vengono eseguiti in due momenti delicati della loro vita: la gravidanza, per il rischio di eventuali malformazioni per il feto, e la “convivenza” con un tumore, aggravandone la condizione come azione secondaria all’esposizione. Esami che fanno ancora più paura oggi in cui l’ingresso in ospedali espone al rischio del Covid-19, ma gli esperti di AIFM, Associazione Italiana Fisica Medica tranquillizzano. «Tutti gli ospedali – spiegano – hanno creato dei percorsi separati per i pazienti a cui è già stato diagnosticato o sono sospettati di aver contratto il virus, rispetto a tutti gli altri. Inoltre all’ingresso di tutti gli ospedali viene effettuato uno screening con misurazione della temperatura e accesso consentito solo con la mascherina. Dunque il consiglio a tutte le donne in gravidanza o a donne in follow-up per patologie di altra natura è di recarsi serenamente nei propri ospedali per eseguire i controlli radiologici, se necessari, anche in questo tempo di emergenza sanitaria». Riguardo ai timori di complicazioni per la vita o la malattia in essere, gli esperti ancora una volta confortano: «Le radiazioni mediche, quelle a cui ci esponiamo per controlli diagnostici, non sembrano avere effetti particolarmente negativi sulla salute, provocando al limite rischi di basso livello». Rischi, non pericoli, dai quali si può e ci si deve proteggere. «La prima azione per tutelarsi da qualunque potenziale “effetto collaterale” delle radiazioni – aggiunge la dottoressa Angela Coniglio, Fisico Medico presso l’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma – è rivolgersi alla giusta figura professionale da cui ricevere consigli appropriati in caso di contesti o stati di salute che possono indurre qualche preoccupazione: il radiologo in caso di un’indagine radiologica di routine o il radioterapista in caso di specifici tumori. A questi due esperti, si può aggiungere una terza figura: il fisico medico il cui compito è anche quello di valutare la dose, cioè la quantità di radiazioni assorbite dal corpo della donna o quelle accettabili in funzione delle necessità terapeutiche e delle esigenze della paziente. Rivolgersi a esperti competenti è di prioritaria importanza per evitare che altri medici, preparati in discipline differenti, possano fornire informazioni non completamente corrette, causando alla paziente falsi allarmismi».

Anche la donna deve fornire al medico gli “strumenti”: comunicare ad esempio di essere in “dolce attesa”, per metterla al riparo da eventuali rischi e valutare l’opportunità di svolgere un esame, con emissione di radiazioni, oppure scegliere altre indagini diagnostiche. «La preoccupazione spesso sorge quando la donna si sottopone a un esame diagnostico senza sapere di aspettare un bambino», puntualizza la dottoressa. «Anche in questo caso mi sento di tranquillizzare le donne: se il motivo del test è avere una diagnosi, magari per una patologia importante, il vantaggio dell’esame supera sensibilmente un eventuale minimo rischio. Inoltre conta molto la sede verso cui le radiazioni vengono emesse e assorbite. Ad esempio la mammografia non rappresenta un rischio per il feto, essendo il seno una sede di “esposizione” molto lontana dall’addome e le dosi di radiazioni di bassa quantità. Infine va valutato il momento in cui l’esame è stato eseguito: soprattutto nei primi giorni, quelli che vanno dal concepimento all’impianto: se la gravidanza prosegue, significa che le radiazioni non hanno avuto potere nel cambiare il destino dell’embrione, né hanno aggiunto rischi per il feto. In caso contrario, se si va incontro a un aborto, le ragioni sono spesso diverse e non riferibili all’esposizione alle radiazioni».

Dunque vanno sfatati i grossi timori per il feto, anche in considerazione della soglia massima di radiazioni accettabili in gravidanza stabilita dalle Linee Guida Internazionali, in una dose pari a circa a 3- 10 Tac. Come confermano anche le Linee guida dell’American College of Obstetricians and Gynecologists, con l’approvazione dell’American College of Radiology, affermando che “l’esposizione alle radiazioni di una radiografia, di una Tac o di un esame di medicina nucleare espongono a una dose molto più bassa rispetto a quella che potrebbe indurre un danno fetale”. Nessun problema invece per l’esame ecografico che non utilizza radiazioni, bensì ultrasuoni. Né sono da temere contaminazioni esterne, come ad esempio la vicinanza casuale a persone radioattive (se la persona è un familiare è bene che la futura mamma resti isolata): sono la durata dell’esposizione e la quantità di radiazioni assorbite a rappresentare un fattore di rischio da cui tutelarsi, non le radiazioni in sé.  Mentre, paradossalmente, si temono meno altri fattori altamente più dannosi, come le particelle di monossido di carbonio, respirate durante una passeggiata in aree ad alto traffico. «Occorre abbassare i livelli di paura e ansia associati alle radiazioni – dichiara la dottoressa – specie nei riguardi delle mamme o delle donne che accumulano livelli di stress non indifferenti, cercando di indirizzarle all’esperto giusto per farsi consigliare, che spesso non è il medico di famiglia né il ginecologo».

Possono stare tranquille anche le donne che periodicamente si sottopongono a esami di controllo a carattere oncologico. «I test diagnostici raccomandati non sono da temere perché immettono nel corpo radiazioni “misurate”, sicure e a dosi sensibilmente inferiori rispetto a terapie radianti che spesso accompagnano la cura di un tumore, come ad esempio nel caso del seno».
Dunque, né le indagini di monitoraggio periodico per il controllo di un tumore, né le indagini svolte per altre cause, ad esempio la valutazione di una lesione ossea di origine traumatica, possono influire sulla progressione della malattia oncologica.

«In caso di qualsiasi dubbio – conclude la dottoressa Coniglio – oggi quando possibile abbiamo l’opportunità di scegliere indagini alternative, una Risonanza magnetica al posto di una Tac di ultima generazione ad esempio, che possono dare medesime informazioni diagnostiche, ma con radiazioni minori. La raccomandazione è di rivolgersi a grandi centri che dispongono di team multidisciplinari in grado di valutare le necessità della paziente in tutti i suoi aspetti e di tecnologie avanzate e controllate tali da mettere la donna in totale sicurezza».
L’Associazione Italiana di Fisica in Medicina mette a disposizione il sito: www.fisicamedica.it/fisicomedicorisponde, per rispondere ai dubbi e alle domande sulle radiazioni.

di Francesca Morelli

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