Scompenso cardiaco: l’estate rappresenta un rischio in più

Le alte temperature giunte all’improvviso, la maggiore esposizione al rischio di colpi di calore, la scorretta aderenza alle terapie minacciano anche la salute del cuore. Soprattutto se già provata dalla presenza di altre problematiche, tra cui lo scompenso cardiaco. Una condizione cronica che rende il muscolo incapace di pompare il sangue in maniera funzionale e soddisfacente al fabbisogno di tutti gli organi. In Italia gli scompensati sono molti: oltre un milione, di cui la metà sono donne, con 190 mila richieste di ospedalizzazione ogni anno, oltre 500 al giorno. Per tutti loro l’estate rappresenta un fattore di rischio da non sottovalutare. Eppure alla stagione calda e alle sue implicazioni per il cuore, si dà un peso non adeguato; così per fare efficace sensibilizzazione e (in)formazione è partita la campagna “Ogni Cuore Conta. Soprattutto il tuo”, promossa da Novartis, in partnership con l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) e patrocinata da quattro Società Scientifiche, Società Italiana di Cardiologia (SIC), Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), Società di Medicina Generale (SIMG), Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI).

L’iniziativa prevede una serie di “appuntamenti”: incontri medico-paziente, aperti al pubblico, in 15 Centri su tutto il territorio nazionale specializzati nel trattamento e cura dello scompenso cardiaco, al fine di conoscere meglio e in maniera più capillare la problematica; la divulgazione di opuscoli realizzati dagli esperti delle Società Scientifiche e AISC, utili per imparare a riconoscere i sintomi e non sottovalutare i rischi della patologia; l’attivazione di una pagina Facebook in cui trovare informazioni, condividere esperienze e seguire le iniziative relative alla campagna (https://www.facebook.com/AscoltailTuoBattitoITA/).

Come per ogni patologia cronica, anche lo scompenso cardiaco può pegiorare durante i mesi estivi e non solo a causa di fattori ambientali. «In questo periodo dell’anno – spiega il professor Claudio Pedone, Direttore della Scuola di Specializzazione in Geriatria del Campus Bio Medico di Roma e referente SIGGsi sottovaluta il ruolo svolto dalla corretta terapia. Considerando che i pazienti con scompenso sono spesso trattati anche con farmaci diuretici, potrebbe rendersi necessaria la rimodulazione del normale dosaggio invernale, sempre dietro prescrizione medica, per evitare il rischio di disidratazione e ipotensione, associato all’importante perdita di liquidi, oltre che dell’abbassamento della pressione, spesso provocato dal clima torrido. E’ dunque fondamentale rivolgersi sempre al medico curante o allo specialista, possibilmente all’inizio della stagione calda, o alla comparsa di sintomi, come debolezza e capogiri, che possono essere correlati a un dosaggio non più adeguato del diuretico». Ma anche stili di vita estivi e sociali non corretti possono mettere a rischio soprattutto pazienti scompensati senior: «In presenza di una patologia seria come lo scompenso cardiaco – aggiunge il dottor Enzo Nunnari, membro del Direttivo provinciale di Roma SIMG – spesso accompagnato da altre comorbidità come diabete o BPCO, la solitudine soprattutto in estate può contribuire a peggiorare la problematica. Non è raro che anziani soli, o lasciati soli in questo periodo dell’anno, bevano poco, si alimentino non adeguatamente o non seguano la terapia. Per questo, soprattutto in estate, il ruolo e le responsabilità dei medici di base, quali custodi della salute sul territorio, sono fondamentali per tenere sotto controllo i pazienti più a rischio». Anche attivando azioni di monitoraggio speciali, come il programma “Ondate di calore” avviato nel Lazio, dedicato agli ultrasessantacinquenni e ai pazienti più a rischio: in caso di allerta meteo, vengono visitati a domicilio in modo programmatico, così da monitorarne la salute generale, verificare stati di eventuale disidratazione o malnutrizione, la regolare minzione, l’assunzione corretta dei farmaci, oltre alle condizioni in cui vivono.
«Se necessario – precisa Nunnari – prescriviamo analisi di controllo, adeguiamo la terapia in relazione a eventuali sintomi sospetti quali: aritmia marcata, ipotensione, gonfiore alle gambe». Oggi, grazie al progresso delle terapie, sono disponibili farmaci efficaci i cui esiti sono dipendenti dall’aderenza alle terapie, che d’estate tende a ridursi. «Come Associazione Pazienti – continua la dottoressa Maria Rosaria Di Somma, consigliere delegato AISC sosteniamo l’importanza della conoscenza della patologia in tutte le sue manifestazioni e in tutte le condizioni ambientali, così come della presa in carico costante del paziente da parte del sistema sanitario, inteso nel significato più ampio del termine: medico di medicina generale, internista, geriatra, cardiologo, un eventuale altro specialista, infermiere e assistenza domiciliare. Il messaggio fondamentale che cerchiamo di trasmettere ai nostri pazienti è l’importanza di conoscere la patologia, di imparare a conviverci, di prendersi cura di sé, così da migliorare la propria vita. Se la persona viene aiutata in questo percorso sarà un paziente più informato capace di gestire la propria condizione di malato cronico e di valorizzare le indicazioni cliniche. Con un chiaro impegno globale e collettivo: evitare che durante l’estate si verifichi un incremento della fase acuta dello scompenso e, quindi, il ricorso all’ospedalizzazione che rende ancor più difficile la ripresa delle normali condizioni fisiche, oltre a determinare criticità anche nel pronto soccorso».

di Francesca Morelli

Aritmie, un problema ricorrente fra gli italiani

Due italiani su 100, sopra i 15 anni, soffrono di fibrillazione atriale, il 4-5% nella fascia di età compresa tra 65-75 anni, fino raggiungere picchi di quasi l’11% negli over 85 anni, con una prevalenza femminile del 7,3%, e un rischio ancora in crescita in Italia, secondo gli esperti, e non soltanto in funzione dell’allungamento della vita media. La fibrillazione atriale rientra nella categoria delle aritmie, caratterizzate da un’alterazione del ritmo cardiaco che batte o più accelerato (tachicardia) o più lento (bradiaritmie); delle aritmie la fibrillazione atriale è la più diffusa, ma la più difficile da trattare resta la tachicardia ventricolare. Una condizione, quest’ultima, che secondo recenti indagini a livello nazionale ed europeo, conta solo in Italia oltre 5000 forme gravi, recidivanti e refrattarie alle cure tradizionali con necessità di un trattamento elettrofisiologico o anche chirurgico.

«Il trattamento della tachicardia ventricolare – spiega il professor Paolo Della Bella, primario dell’Unità di Aritmologia ed Elettrofisiologia cardiaca dell’ospedale San Raffaele di Milano, in occasione del congresso “Together VT” (Milano, 27-28 Giugno) – è di fondamentale importanza poiché spesso è l’anticamera dell’arresto cardiaco e responsabile di una elevatissima mortalità». Ma nuove opzioni di trattamento e diagnosi sono già realtà: «Negli ultimi anni, grazie all’affinamento delle tecniche diagnostiche – aggiunge Della Bella – abbiamo potuto definire non solo la “natura” delle aritmie, che nel 30% dei casi originano da altre cardiopatie non ischemiche, dovute cioè a processi di alterazione o degenerazione delle cellule del cuore e non a un insufficiente apporto di sangue e di ossigeno al muscolo cardiaco che determina una cardiopatia ischemica, ma anche a migliorare tecniche e opportunità di trattamento. Tra cui metodiche per la localizzazione e l’eliminazione delle aree aritmiche, soprattutto di quelle meno evidenti e più complesse da individuare, tecniche di mappaggio utili per ricostruire l’anatomia delle strutture cardiache e guidare le procedure di ablazione di numerose aritmie cardiache e, come ultima frontiera, metodologie non invasive già impiegate nella radioterapia, che permettono di trattare alcune aree del cuore senza la necessità di utilizzare sonde per colpire i focolai elettrici responsabili di specifiche forme di aritmia. Oggi lo standard nel trattamento delle principali aritmie cardiache è rappresentato da diverse opzioni quali, ad esempio, lo studio elettrofisiologico, l’ablazione transcatetere, l’impianto di elettrostimolatori cardiaci o di defibrillatori, fino alla CRT (Terapia di Risincronizzazione Cardiaca) per il trattamento dello scompenso cardiaco e a attività di espianto di cateteri, pacemaker e defibrillatori infetti o disfunzionanti».

Dunque il futuro per la gestione delle aritmie appare già tracciato: diagnosi precoce, esperienza clinica, dotazione tecnica, approccio multidisciplinare, metodiche di alto profilo permetteranno di trattare in maniera efficiente aritmie anche complesse, extrasistolia ventricolare, tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare sia nel paziente senza cardiopatie, ma soprattutto affetto da cardiopatie strutturali.  F. M.

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