“ObeCity”, un progetto educativo contro l’obesità infantile

A colazione preferiscono un goloso krapfen a una spremuta d’arancia, nel pomeriggio giocano la partitella di calcio al pc anziché al campetto, i più grandi fanno un giro con gli amici in scooter anziché in bicicletta, a pranzo e a cena grandi e piccoli si servono un piatto di pasta e molte calorie al posto della raccomandata frutta e verdura. E così queste scorrette abitudini mangerecce e sedentarie, diventate uno stile di vita perpetrato da Nord a Sud dello Stivale, hanno finito col “pesare” sulla salute dei piccoli, degli adolescenti e futuri adulti. Sempre più oversize alla prova bilancia: sovrappeso un bambino italiano su 4, uno su 8 obeso. Sono le stime preoccupanti del 1° Italian Barometer Obesity Report, con dati poco confortati anche per gli adolescenti: quasi il 21% delle ragazze guerreggia con chili in eccesso, contro tassi ancora più elevati – oltre il 27% – fra i ragazzi. Più critica la situazione al Sud, con 32% circa di giovani fuori misura, e nelle Isole (26%) con punte maggiori fra i ragazzi che vivono in contesti familiari poco istruiti o in condizioni socio-economiche basse. Importanti divergenze si registrano anche nelle grandi città, come Milano ad esempio, con un quadro che in parte riserva delle sorprese. Il progetto “Cosmopolitan City” dell’Università degli Studi di Milano e del CSR (Centro Studi e Ricerca sull’Obesità) evidenzia che in città sembra mancare il senso della misura: i bambini sono o troppo grassi o troppo magri, subendo le influenze “di peso” dei propri genitori, non solo dei fattori genetici. Ovvero a genitori con un rapporto contrastato con la bilancia corrisponderebbero figli con le stesse caratteristiche.«La famiglia – dichiara il Professor Michele Carruba, Presidente del Centro Studi e Ricerche sull’Obesità dell’ateneo lombardo – misurata su un campione rappresentato per l’82,5% da femmine e per il 17,5% da genitori maschi, condiziona le scelte e le abitudini alimentari, anche in merito al maggior consumo di verdura e frutta, almeno 5 porzioni quotidiane secondo le Linee Guida ministeriali, con ricadute sul sovrappeso e obesità dei figli». Così, nel rispetto dei fattori nutrizionali e di scolarità,nelle zone centrali di Milano sembrerebbero risiedere bambini più magri, in qualche caso addirittura sottopeso, e nelle zone più periferiche, ad alta incidenza di extracomunitari, i tassi maggiori di giovani con problemi di obesità e sovrappeso laddove stile alimentare e qualità del cibo non sono ideali e dove viene meno l’abitudine a consumare frutta e verdura, soprattutto per una questione culturale. Il profilo emerso richiama il bisogno prioritario di fare più informazione e sensibilizzazione sul problema obesità che sta assumendo tratti epidemici, stando alle stime diffuse dall’Oms, secondo cui dal 1980 ad oggi l’obesità nel mondo è più che raddoppiata. Gli adulti in sovrappeso raggiungono il 39% e gli obesi sono il 13%, con proiezioni a toccare entro il 2020 circa 2,5 miliardi di adulti sovrappeso e tra questi 700 milioni di obesi. Compresa l’Italia, che oggi conta 25 milioni di connazionali in sovrappeso, 6 milioni di obesi e 500 mila grandi obesi. Eppure, nonostante i numeri, sembra lontana la percezione di avere a che fare con problemi di peso: un’indagine realizzata da EASO (European Association for the Study of Obesity) e C3 Collaborating for Health, attesta che in Italia la metà degli intervistati ritiene il proprio peso normale, contro il 42% che si sente in sovrappeso. In realtà, circa il 10% di coloro che si descrivono “in salute” è sovrappeso e il 18% di chi si definisce in “sovrappeso” risulta obeso. Un dato positivo, di consapevolezza del problema, però c’è: lo studio dimostra infatti che, rispetto agli altri Paesi europei, gli Italiani sono più propensi a considerare l’obesità una malattia. Ne è consapevole il 62%, di cui il 69% di donne e il 53% di uomini, contro una media europea del 46%. «L’obesità – conferma Carruba – è una vera e propria malattia cronica recidivante, che causa diverse complicanze disabilitanti e mortali. Tra queste il diabete di tipo 2, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, la cardiopatia ischemica, l’insufficienza respiratoria e apnee notturne (OSAS), l’osteoartrite, un numero elevato di tumori che interessano prevalentemente, ma non solo, l’apparato gastrointestinale».

L’obesità limita anche la qualità della vita: i piccoli pesanti, ad esempio, fanno fatica a correre e giocare assieme ai coetanei, riposano male di notte e il cattivo sonno incide sul rendimento scolastico, sono vittime di atti di bullismo da parte dei compagni, perdono fiducia in loro stessi con implicazioni importanti anche di ordine psicologico. Eventi tutti evitabili perché l’obesità si può curare, meglio ancora prevenire, correggendo il proprio “modus vivendi”, considerando il fatto che è riconosciuta al 1° posto tra le principali patologie croniche non trasmissibili legate a una cattiva alimentazione e a sedentarietà. Stili di vita sbagliati che alimentano in sinergia il peso, l’accumulo di depositi di tessuto adiposo (di cui quello pericoloso è viscerale, a livello dell’addome, mentre non lo è quello tanto temuto dalle donne, sottocutaneo su glutei e cosce), e le problematiche correlate. Diminuendo le aspettative di vita del 47%, un tasso superiore a quello indotto dal tabacco negli Stati Uniti, ma con percentuali probabilmente non dissimili in Italia, e elevando i costi diretti. In Italia, secondo lo “Studio Spesa” del C.S.R.O. (Centro Studi Ricerca Obesità), questi si aggirano a 28 miliardi di euro l’anno, di cui il 64% è rappresentato dalle ospedalizzazioni, il 12% dalla diagnostica, il 7% dai farmaci, il 6% dalle visite cliniche e l’11% da altro.

Così per sensibilizzare alla conoscenza dei rischi e alla lotta all’obesità attraverso la prevenzione e l’adozione di corretti stili di vita,nasce “ObeCity”, fusione delle parole obesità e city: un progetto ideato da SG Company, fra i principali player italiani nella comunicazione integrata Live & Digital, supportato da Medtronic, azienda leader nel settore biomedicale, Il Progetto prevede la realizzazione di diverse iniziative sul territorio, primo fra tutti un Roadshownelle principali piazze italiane. Primo appuntamento a Catania, il 18 maggio prossimo in occasione della Giornata Europea dell’Obesità, dove sarà allestito un villaggio in Piazza Università in cui la popolazione potrà praticare sport, ricevere materiale informativo sulla patologia e sui sani stili di vita da seguire, effettuare una visita gratuita per misurare il BMI (Body Mass Index) o Indice di Massa Corporea, testare la glicemia, provare la pressione arteriosa ed effettuare l’elettrocardiogramma, grazie alla presenza di medici presso il village. Inoltre sarà realizzata una “Guida per conoscere, prevenire e combattere l’obesità” da un Advisory Board di 10 esperti del mondo scientifico, della nutrizione e della comunicazione, che verrà presentata l’11 ottobre prossimo nel corso della Giornata Mondiale dell’Obesità. «Con ObeCity – conclude Davide Verdesca, Chairman & CEO di SG Company – vogliamo contribuire attivamente alla lotta contro l’obesità, portando l’attenzione su una malattia che richiede una maggiore eco mediatica e più consapevolezza da parte delle istituzioni e cittadinanza». Ma che può essere prevenuta, curata, controllata.

di Francesca Morelli

Un progetto “Open-Obesity” anche per l’Italia

Approda anche in Italia “Open-Obesity Policy Engagement Network”, un’organizzazione internazionale promossa dalla Federazione mondiale World Obesity, Easo, dalle associazioni americane Obesity Society e Obesity Action Coalition (OAC), con il contributo di Novo Nordisk. Fa il suo ingresso in una data simbolo, il 18 maggio, in cui si celebra appunto la lotta all’obesità e sovrappeso. «Già presente in 10 Paesi quali Arabia Saudita, Australia, Canada, Emirati Arabi, Brasile, Germania, Gran Bretagna, Israele, Spagna, Stati Uniti – spiega Andrea Lenzi, coordinatore di Open Italia, Presidente della Fondazione Italiana per la ricerca in endocrinologia e del Comitato di Biosicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Open intende contribuire all’avvio di progetti e programmi per alleggerire la persona e la società dalle implicazioni e conseguenze che l’obesità impone, dal riconoscimento di una malattia sociale fino alla realizzazione di una roadmap che coinvolga anche le istituzioni». Istituzioni che sembrano già essere sensibili al problema, come dimostrato dalla creazione di un Intergruppo parlamentare sull’obesità coordinato dall’onorevole Roberto Pella e condiviso dalla senatrice Daniela Sbrollini, che esprime la necessità di un supporto al problema da parte di Governo, Parlamento, Enti con attività di programmazione di politica sanitaria, più specificatamente interventi sociali di comunità.
Le stime dell’obesità, di cui si teme il largo superamento della soglia di 1 miliardo di obesi entro il 2030, preoccupano gli esperti per le conseguenze sullo stato di salute generale, la mortalità precoce e l’accorciamento delle aspettative di vita: «La crescita dei livelli di obesità incide anche sulla società e sull’economia – precisa Ferruccio Santini, Presidente Sio-Società italiana dell’obesità – riducendo il numero degli anni di piena produttività di una persona e aumentando i consumi di risorse sanitarie».
Nonostante vi sia il consenso del mondo scientifico che l’obesità è una malattia multifattoriale, che richiede cure a lungo termine, ancora manca il giusto approccio alla problematica. «Occorre mettere in atto strategie integrate, multidisciplinari con al centro il sostegno alle persone obese, le quali invece non sempre cercano un aiuto o una cura – conclude Giuseppe Fatati, Coordinatore di IO-Italian Obesity network – esponendosi così al maggiore rischio di complicanze tra cui diabete, malattie cardiovascolari e tumori, associate a un aumento dei  costi per l’accesso alle cure e all’assistenza».
Insomma l’obesità è un peso per la società destinato ad andare fuori controllo, e che invece è potenzialmente prevenibile, evitabile.  F.M.

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