La sonnolenza? È il “silent killer” della strada

Ogni anno si registrano 1,3 milioni di vittime e 50 milioni di feriti: sono i numeri delle trasferte di  lavoro, di vacanza o del sabato sera di viaggiatori e guidatori nel mondo. Oltre 3.300 incidenti fatali e quasi 247 mila gravi solo in Italia nel 2017. Con un coinvolgimento crescente delle nuove generazioni, soprattutto nella fascia d’età tra i 18 e i 24 anni, in cui l’incidente stradale rappresenta la principale causa di morte. In un caso su 5, dovuto a stanchezza o a un colpo di sonno, tanto essere entrambi causa in Italia del 22% di tutti gli incidenti stradali. Complice, nella maggior parte dei casi, una veglia superiore alle 18 ore, che va oltre la massima tolleranza dell’organismo: sfinito, risponde con le stesse reazioni che si generano con l’assunzione eccessiva di alcol. Numeri e danni elevatissimi, resi noti in occasione della Giornata Mondiale del Sonno (15 marzo), che hanno fatto definire la sonnolenza come il “silent killer” della strada. Un fattore di rischio verso cui l’OMS esprime una forte preoccupazione: se non si provvederà ad attuare interventi significativi entro il 2030, si stima che gli incidenti su strada diventeranno la quinta causa di morte.
Ma non è il solo problema: la privazione di sonno, prima di essere “mortale”, può avere pesanti ripercussioni sulla salute: «Le principali conseguenze – dichiara il professor Sergio Garbarino del Centro Medicina del Sonno dell’Università di Genova – vanno dall’obesità al possibile sviluppo di diabete di tipo 2, il cui rischio è sensibilmente aumentato in persone che dormono meno di 5 ore a notte, a malattie cardiovascolari probabili, anche in caso di una modesta riduzione del sonno a 6-7 ore contro le 8 raccomandate, a una diminuzione dell’efficacia del sistema immunitario che espone l’organismo a maggiori probabilità di infezioni».
Spesso le riduzioni delle ore dedicate al riposo notturno sono dovute ai disturbi del sonno: tra questi insonnia e sonnambulismo, sindrome delle gambe senza riposo, jet-lag o alterazioni per lavori con turni, russamento e apnee notturne (OSAS) che minano la qualità del sonno, anche senza una reale percezione da parte di chi ne soffre. «Il sonno insufficiente – precisa il professore – può influenzare le aspettative di vita, il benessere e la sicurezza quotidiana della persona e dell’ambiente circostante». In particolari contesti, come la guida dell’auto, la legge si è attivata imponendo regole ferree e limiti al rilascio della patente, concessa solo nel caso in cui si seguano cure adeguate con effettivi miglioramenti sulla sonnolenza, confermati dal parere di un medico autorizzato. Anche la scienza e la tecnologia stanno proponendo diverse soluzioni per trattare i disturbi del sonno, come la terapia ventilatoria con CPAP o con dispositivi odontoiatrici, fino ai casi più seri trattati con la chirurgia e l’utilizzo di strumenti più tecnologici per diagnosticare un disturbo del sonno o per conoscere il livello di sonnolenza e l’impatto sulla guida. Effetto dimostrato, ad esempio, dalla nuovissima Ford Sleep Suite, un’attrezzatura indossabile sviluppata dal dottor Gundolf Meyer Hentschel, CEO del Meyer Hentschel Institute di Saarbrucken in Germania, che consente di misurare gli effetti reali della stanchezza eccessiva, compresi i micro-sonni, che ne costituiscono una componente incontrollabile. Questi, se accadono al volante, possono provocare periodi di guida di 10 o più secondi “totalmente al buio”, in cui vengono percorsi centinaia di metri senza che il guidatore abbia il ricordo dell’accaduto. Con potenziali esiti pericolosi. I giovani spesso si sottopongono a una privazione di sonno intenzionale, sforzandosi di rimanere svegli e vigili per non perdere neanche un istante della loro intensa vita sociale. Ignari però delle possibili conseguenze per sé e per gli altri. Oggi però “visualizzabili” grazie a speciali visori, connessi a una App per smartphone e impostati per simulare anche un improvviso blackout del cervello, l’annebbiamento della vista o di “totale buio” per una frazione di secondo o per tutto il periodo che questo stato di catalessi può durare. I visori, indossati con il resto dell’attrezzatura (casco, giubbotto, polsiere e cavigliere, che hanno un peso totale di più di 18 kg), creano l’effetto di forte indebolimento vissuto dai guidatori molto stanchi. La Ford Sleep Suit segue altre creazioni, quali la Drink Driving Suit e la Hangover Suit, che mimano invece le alterazioni sensoriali sotto l’effetto di alcol o sostanze eccitanti. Questo progetto si avvale anche dei social: è stata creata la campagna video “Less is All” con il messaggio: “Bastano pochi secondi per perdere tutto”, associato agli hashtag #DontSleepAndDrive e #WorldSleepDay. In ogni video, della durata di 15 secondi con tematiche diversificate, per coinvolgere i differenti target di giovani, viene oscurata una piccola parte della scena, in modo da simulare quello che può accadere durante la guida, quando si sprofonda in uno stato di black-out dovuto al sonno. Nella seconda parte del video viene invece lanciato il messaggio: “Bastano pochi secondi per perdere tutto. Quando hai sonno, non metterti alla guida”: la più efficace prevenzione per ridurre i rischi e il numero di incidenti stradali.

di Francesca Morelli

Dormendo poco da bambini, si favorisce l’insorgenza di dipendenze

La deprivazione di sonno nell’infanzia può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di dipendenze, quali abuso di sostanze come alcol, sigarette, marijuana; comportamentali come il gioco d’azzardo, internet, in adolescenti e giovani adulti. Lo dimostrano alcuni studi scientifici, tra cui una ricerca del 2015, coordinata dal professor Luigi Gallimberti, Psichiatra Tossicologo all’Università di Padova e Presidente della Fondazione “Novella Fronda”, condotta su 1300 ragazzi tra i 10 e i 13 anni. Di questi il 16% dipendente da smartphone e consumatore precoce di alcol, tabacco e marijuana era anche “privato” delle corrette ore di sonno. Nel 2016, la ricerca è continuata con il progetto pilota “Buona Notte”, con la Federazione Italiana di Medici e Pediatri (FIMP), coinvolgendo 3000 bambini, da uno a cinque anni, in 11 regioni italiane, per studiare lo stesso fenomeno. Pubblicata su European Journal of Pediatrics, la ricerca ha confermato che l’uso di device elettronici può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di problemi del sonno, evidente nel 12% dei piccoli partecipanti, con picchi fino al 27% in bambini di 5 anni. Il sonno insufficiente era anche associato a comportamenti, quali iperattività e aggressività. Anche altri studi internazionali, promossi dai progetti Monitoring the Future e Youth Risk Behavior Surveillance System, arrivano alle stesse conclusioni: in età preadolescenziale e adolescenziale comportamenti problematici come l’uso precoce di alcol, sigarette e marijuana, ma anche lo sviluppo di sintomi depressivi, sono più frequenti nei ragazzi che dormono poco. «In funzione dei dati emersi – ha concluso Gallimberti – è urgente sensibilizzare i genitori a far dormire i figli le ore necessarie, a vantaggio della crescita sana del cervello, per reggere le tante insidie del mondo».

Ma quante sono le ore giuste di sonno? Lo suggerisce la National Sleep Foundation (NSF): dal primo anno di vita, il riposo deve occupare gran parte della giornata, deve essere pari a 11-14 ore in bambini di 3-5 anni; 9-11 ore per i ragazzi tra i 6 e 13 anni; 8-10 ore per gli adolescenti, tra i 14 e 17 anni.

«Nel bambino qualora il sonno fosse disturbato, tale da compromettere la qualità di vita, il primo approccio terapeutico è di tipo comportamentale, con correzioni sull’igiene del sonno già nel primo anno di vita, “adottando” regolarità del luogo e dell’orario di addormentamento», conclude Nardo Narducci, membro del Consiglio Direttivo Sinpia (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e Direttore del Dipartimento Neuroscienze Pediatriche dell’Istituto Neurologico Besta di Milano. «L’utilizzo di farmaci deve essere considerato in assenza di risultati o in presenza di comorbidità».

F. M.

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