Giornata dei nati prematuri: «Speriamo di trascorrere il Natale a casa con Cecilia»

«Cecilia è nata alla 25a settimana. La gravidanza procedeva bene, senza intoppi, tanto che, con il parere positivo dei medici, ai primi di agosto siamo andati in vacanza a Marzamemi in Sicilia, con mio marito e il piccolo Lorenzo di 5 anni. Dopo pochi giorni, la rottura improvvisa e prematura delle membrane, probabilmente a causa di un’infezione, ci ha costretti a una corsa al Pronto Soccorso, prima all’Ospedale di Noto, da dove poi siamo state trasferite d’urgenza a Siracusa. Per timore che l’infezione potesse contagiare la piccola, il giorno successivo è stato disposto un cesareo d’urgenza. Quando è nata, Cecilia pesava 690 grammi ed è stata subito intubata perché non riusciva a respirare autonomamente. Ci siamo quindi trovati catapultati in questo nuovo mondo, la terapia intensiva neonatale, che mai avremmo potuto immaginare prima. Un mondo fatto di equilibri precari, interminabili attese, passi in avanti un giorno e indietro il giorno successivo, in cui i bambini già dai primi giorni di vita devono lottare per sopravvivere. E’ comune pensare che un bambino prematuro sia soltanto un bambino “piccolo”, che ha bisogno di un po’ di tempo per completare la crescita al di fuori dell’utero materno. Abbiamo scoperto che, per i bambini come Cecilia, non è affatto così. Nulla è scontato. La pazienza è una virtù che abbiamo dovuto imparare. In questi tre mesi abbiamo cominciato a vivere la situazione giorno per giorno. “Oggi è un giorno in più”, ci diceva sempre il primario, il dottor Massimo Tirantello, che sta seguendo Cecilia, insieme a tutta la sua équipe con grande professionalità e attenzione. Questa frase, che ci ha accompagnato in questi mesi, racchiude in sé tutta la fragilità e allo stesso tempo il valore del tempo che scorre. Abbiamo imparato a guardare nostra figlia ogni giorno grati perché è viva, pur in mezzo a tutti i tubi, le terapie, le trasfusioni, l’ossigeno, il sondino da cui veniva alimentata e a tutto ciò che le ha permesso di andare avanti. Inoltre con i bimbi nati prematuri il percorso non si conclude con la dimissione dall’ospedale.  Nei giorni scorsi, ad esempio, Cecilia a causa di una malattia, la retinopatia del prematuro, è stata sottoposta a un intervento con il laser agli occhi. Gli effetti che questo avrà li scopriremo solo con il tempo. Anche per quanto riguarda lo sviluppo neuro-cognitivo serviranno diversi anni per capire eventuali conseguenze. Grazie ai medici e agli infermieri, che hanno curato Cecilia come una figlia, abbiamo pian piano imparato a prenderci cura di lei, a farci riconoscere, all’inizio accarezzandola delicatamente, poi prendendola in braccio (un’emozione indescrivibile!). Abbiamo anche capito che questa situazione non si affronta da soli, ma sostenendosi a vicenda con gli altri mamme e papà del reparto, aiutati anche dai volontari di PiGiTin, associazione di genitori di bambini prematuri. Oggi Cecilia pesa più di due chili ed è in grado di respirare autonomamente e di alimentarsi al biberon con il mio latte! Non vediamo l’ora di poterla finalmente portare a casa, anche se, abitando vicino a Milano, il rientro non sarà dei più semplici… La speranza, anche considerando il cauto ottimismo dei medici, è quella di poter trascorrere almeno il Natale a casa con Cecilia e tutta la mia famiglia: sarebbe davvero il regalo più bello!».

Il racconto di Anna è un’esperienza condivisa da molte mamme, più di quante si possa pensare: sono infatti più di 35 mila (il 7% dei neonati) i bambini che ogni anno in Italia nascono prematuri, ovvero prima della 31a settimana di gestazione. Non tutti gli ospedali però sono attrezzati per assistere questi bambini e il personale specializzato è spesso carente. Al Sud si registra addirittura una mortalità neonatale del 39% superiore rispetto alle Regioni del Nord.

Al via la Campagna T-proteggo

Per questo motivo VIVERE Onlus e la Società Italiana di Neonatologia, in collaborazione con AbbVie, in occasione della Giornata del bambino prematuro (17 novembre), presentano la campagna T-proteggo, con l’obiettivo di sollecitare l’attenzione sui diritti e sulle necessità dei nati pretermine e delle loro famiglie, che in alcune Regioni non sono ancora completamente soddisfatti. La campagna, che ha ottenuto il patrocinio di SIP- Società Italiana di Pediatria, FIMP- Federazione Italiana Medici Pediatri, FIARPED- Federazione Italiana delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, prevede la partecipazione di un testimonial d’eccezione: il campione del mondo di pallavolo Andrea Lucchetta, da sempre impegnato al fianco dei bambini, ha deciso di aderire a questa iniziativa, postando sulla rete dei social qualsiasi messaggio utile a sensibilizzare i followers sulla campagna T-proteggo. «Come “proteggo” un pallone in difesa o lo coccolo in palleggio, chiedo a tutti di proteggere i diritti dei neonati prematuri, postando sui social foto, video, storie utilizzando l’hashtag #Tproteggo, per focalizzare l’attenzione sui loro problemi».

«La Campagna nasce dalla volontà di riaccendere il dialogo tra le Istituzioni, i reparti di Neonatologia e le associazioni dei genitori per una migliore e più omogenea assistenza e gestione del neonato pretermine in tutte le Regioni italiane», dichiara Fabio Mosca, direttore dell’Unità operativa complessa di neonatologia dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Presidente della Società Italiana di Neonatologia. «Strategie di prevenzione, elevata qualità assistenziale e follow-up prolungato dopo la nascita rappresentano alcuni punti cardine da sviluppare. I bambini pretermine sono infatti molto fragili, con rischio elevato di problematiche neurologiche o deficit funzionali che riguardano in particolare l’apparato respiratorio. Negli anni ’60 i bambini con peso alla nascita inferiore al chilo e mezzo morivano nel 90% dei casi. Oggi, al contrario, il 90% dei bambini nati pretermine sopravvive. E questo grazie ai progressi della Terapia Intensiva Neonatale (TIN), che dovrebbero però essere garantiti su tutto il territorio nazionale». «È il momento di realizzare una vera sinergia a livello nazionale, finalizzata a migliorare la salute del bambino nato prematuro e assicurare un adeguato sostegno socio-sanitario alle famiglie», ribadisce Mauro Stronati, neonatologo al Policlinico San Matteo di Pavia, Past President SIN. «Un percorso che coinvolge in primo luogo i genitori, ma che deve prevedere la partecipazione attiva anche delle Istituzioni. Servono risorse umane e strutturali e c’è molto da fare, anche perché la situazione regionale è ancora molto disomogenea».

«Oltre a potenziare le attrezzature e aumentare il personale, occorre migliorare la gestione dei reparti di TIN. Come associazione ci stiamo battendo per garantire ai genitori l’accesso 24 ore su 24 ai reparti di Terapia Intensiva Neonatale in tutte le Regioni», sottolinea Martina Bruscagnin, Presidente Vivere Onlus e anche lei mamma di una bimba nata prematura, diventata oggi una bellissima ragazza di 16 anni. Di recente l’Associazione si è fatta portavoce di questa richiesta direttamente al Ministero della Salute. E qualche anno fa aveva stilato un vero e proprio manifesto dei Diritti del Bambino nato prematuro, in cui già veniva sancito questo diritto. «La presenza dei genitori, infatti, oltre ad essere importante per la relazione affettiva e di attaccamento, favorisce lo sviluppo neuro-comportamentale del neonato, come scientificamente dimostrato. Poter stare con il proprio bambino senza limiti di orario è basilare al fine di sostenere l’allattamento e contenere il dolore del distacco. Il supporto dei genitori è fondamentale, non solo durante il periodo di degenza nella Terapia Intensiva, in cui la presenza del personale sanitario è comunque rassicurante, ma anche durante i primi anni di vita del bambino. I genitori non sono preparati ad affrontare questa situazione. Ansie e preoccupazioni per la vita del piccolo si alternano a paure per non sapere come comportarsi una volta arrivati a casa».

Indagine sulle mamme dei pretermine

Uno spaccato di queste preoccupazioni emerge dall’analisi condotta da Doxa Pharma delle conversazioni telefoniche, con più di 200 donne che hanno partorito pretermine. Un terzo dei genitori arriva al parto senza aver mai sentito parlare di nascita prematura. Dal momento della nascita gli operatori sanitari assumono un ruolo decisivo: nel 61% dei casi il neonatologo e nel 62% gli infermieri fungono da reale supporto per i genitori», conferma Giuseppe Venturelli di Doxa Pharma che ha condotto questa inchiesta in ottobre. «Grande sostegno viene dato anche dall’esperienza dagli altri genitori che hanno già vissuto questa situazione e, nel 56% dei casi, hanno avuto un ruolo significativo per il superamento di questa prima fase. Una volta rientrati a casa, il 57% dei genitori sente la mancanza di un supporto psicologico e il 41% ritiene necessario un aiuto nella gestione dei primi anni del bambino».

«Nelle mamme, in particolare, si evidenzia soprattutto il senso di colpa, per non essere state in grado di portare a termine la gravidanza e proteggere il bambino», puntualizza Cristina Cenci, antropologa e studiosa di social, che ha analizzato per conto di Eikon più di 1900 messaggi delle mamme sul sito web: www.prematuri.com. «Raccontare sul web l’esperienza della prematurità vuol dire trovare una “rete” di protezione che offre solidarietà, rassicurazione, forza e speranza da chi sta affrontando o ha affrontato la stessa esperienza». Per ogni informazione o per ricevere supporto e consigli, si può consultare il sito dell’Associazione: www.vivereonlus.com

di Paola Trombetta

 

A Monza una neonatologia ipertecnologica  

Innovativa, tecnologica, confortevole e con prestazioni d’eccellenza. Sono le caratteristiche funzionali del “nuovo” reparto di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (MBBM). La ristrutturazione di design tecnologicamente avanzato del reparto di neonatologia, ispirato a modelli ospedalieri di eccellenza, come il Rainbow Babies & Children’s Hospital di Cleveland, il Karolinska Institutet di Stoccolma o il Màxima Medical Centrum di Eindhoven in Olanda, è stato presentato a Bucarest in occasione del congresso dell’Union of European Neonatal and Perinatal Societies (UENPS) che riunisce le società di neonatologia europee. Gli ambienti che ospiteranno neonati e famiglie hanno numerosi vantaggi: l’alto profilo tecnologico, in cui la gestione delle cure e delle emergenze è garantita da una nuova piattaforma elettronica equipaggiata con sistemi di monitoraggio centralizzati, device in dotazione agli operatori per la gestione degli allarmi anche in contemporanea, triage immediato per garantire interventi tempestivi e ambienti accoglienti. Come corridoi “a curva” che attenuano la diffusione dei rumori, sale dedicate alla cucina o altri ambienti gestiti autonomamente dai familiari, single family room, cioè ampie stanze caldamente arredate per accogliere il neonato e la famiglia. La vicinanza neonato-mamma-famiglia offre sensibili benefici per il piccolo: studi scientifici attestano la riduzione delle sepsi nosocomiali e dei problemi respiratori, ma anche della durata della degenza, più autonomia nella nutrizione e aumento del peso. «Questo nuovo modello strutturale e organizzativo – afferma Paolo Tagliabue, direttore della Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale della Fondazione MBBM – favorisce la convivenza tra operatori e familiari, i quali possono rimanere con il proprio bambino per tutto il tempo che desiderano, consentendo però agli operatori di muoversi in modo efficiente in tutte le situazioni, soprattutto in quelle di emergenza. È stato infatti dimostrato che favorire la presenza costante e il contatto dei familiari, in particolare della mamma, rende più efficaci le cure e migliora la salute dei piccoli. Va ricordato che le malattie neonatali sono la prima causa di morte nell’infanzia, tra queste in particolare la prematurità, e questa soluzione gestionale potrebbe contribuire a evitarle o ridurle».  F. M.

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