“Se MICI metto”, scatto una foto per raccontare la malattia

«Crampi fortissimi, dimagrimento, stanchezza, urgenza di andare in bagno anche 20 volte al giorno, sangue nelle feci. E’ stato il doloroso calvario, iniziato nel 2009 ma non ancora terminato, causato da una malattia infiammatoria cronica intestinale, identificata come “Rettocolite ulcerosa”, dopo più di un anno di diagnosi sbagliate (crisi emorroidarie, colon irritabile, celiachia)». Ma Chiara De Marchi, di professione fotografa, residente a Padova, non si è mai data per vinta e ha sempre combattuto. Cercando di avere una vita il più possibile normale, nonostante i limiti imposti dai disturbi fastidiosi e continui che le impedivano persino di andare a cena con gli amici. Chiara dunque non si è arresa: ha consultato specialisti, provato diversi tipi di farmaci (mesalazina, cortisone, immunosoppressori). Finché i disturbi si sono in parte attenuati e ha potuto vivere una vita quasi normale. Ha avuto due figli, Samuele che oggi ha 4 anni ed Efrem di un anno. «Durante le gravidanze i sintomi sembravano attenuarsi. Ma dopo il parto, soprattutto del primo figlio, la malattia si è aggravata moltissimo, perché mi avevano consigliato di sospendere i farmaci qualche settimana prima del parto per poter allattare in serenità. Nonostante fossi distrutta fisicamente per i continui disturbi, mi sono informata molto e, una volta confermata la compatibilità farmaco-allattamento, ho intrapreso un lungo percorso in salita e ho allattato al seno per più di due anni. Tutto è andato per il meglio e mi sono presa una bella rivincita nei confronti della malattia!».

Il coraggio di Chiara e di altre persone (200mila in Italia) che convivono con queste patologie, denominate MICI (Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino), è stato immortalato in 15 scatti fotografici che sono stati presentati a Roma, nella splendida cornice della Galleria del Cembalo, a Palazzo Borghese, per la Campagna “Se MICI metto”, promossa da MSD con il patrocinio di AMICI Onlus (Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino) e di IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Desease). Questo evento è preparatorio alla Giornata Mondiale che si celebra il 19 maggio. “Se MICI metto”… divento mamma e continuo a lavorare; “Se MICI metto”… posso pedalare sulle montagne del Giro d’Italia; “Se MICI metto”… posso farcela! Sono alcuni slogan che affiancano le foto della mostra, che approderà nei prossimi mesi in diverse città italiane.

Cosa sono le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali? «Più conosciute con l’acronimo italiano MICI o quello anglosassone IBD (Inflammatory Bowel Diseases), sono malattie complesse a componente infiammatoria, che interessano l’intestino», puntualizza Enrica Previtali, presidente dell’Associazione AMICI Onlus. «Due le forme principali: la Colite Ulcerosa (CU) e la Malattia di Crohn (MC) . Tipiche delle età giovanili, tanto che il picco è tra i 15 e i 35 anni, colpiscono in Italia circa 200mila persone nel pieno della vita produttiva e affettiva. Sono caratterizzate da sintomi invalidanti causati dal danno alla mucosa intestinale, conseguente a una reazione infiammatoria acuta-cronica. La scarsa informazione è stata a lungo un ostacolo alla diagnosi. A cambiare le prospettive concorrono non solo i progressi terapeutici, ma anche le campagne di sensibilizzazione, che ne hanno aumentato la conoscenza nel grande pubblico, e soprattutto il ruolo attivo dei pazienti, forti del dialogo con il proprio medico».

«Le MICI sono malattie invisibili agli altri, ma impattano pesantemente sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette, limitandone fortemente tanti aspetti, anche perché hanno un esordio in età giovanile, se non addirittura in età pediatrica in circa il 20% dei casi», aggiunge Alessandro Armuzzi, segretario Generale IG-IBD, Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease. «Spesso il paziente riceve la diagnosi a qualche anno di distanza dai primi sintomi, con peggioramento del danno organico e della qualità di vita. Se non curate, possono comportare complicanze, fino alla necessità di ricorrere alla chirurgia».

«Negli ultimi 20 anni, abbiamo assistito a una vera rivoluzione nella terapia delle Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino», fa notare Mariabeatrice Principi, Ricercatore presso l’Unità di Gastroenterologia – D.E.T.O. dell’Università di Bari. «Con l’avvento dei farmaci biologici, sempre più innovativi come le antiintegrine e gli inibitori dell’interleuchina 12-23, c’è stata una rivoluzione nelle terapie, non più solo rivolte alla risoluzione dei sintomi, ma anche alla riduzione del danno lesionale determinato dall’infiammazione. Tutto questo ha migliorato significativamente la qualità di vita dei pazienti. Per ottimizzare l’uso dei farmaci innovativi è però fondamentale l’attenzione costante al paziente e la sua risposta alla terapia. In quest’ottica, Il rapporto del paziente con il medico curante è la chiave per una corretta gestione della patologia».

di Paola Trombetta

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