Malattie rare del sangue: stop alle infezioni

«Si sentiva in colpa per avermi messo al mondo, trasmettendomi una malattia come l’emofilia, che impedisce la coagulazione del sangue. Mia mamma non si dava pace e stava sempre attenta quando da piccolo giocavo, per evitare che mi facessi male e potessi sanguinare. Perché, con la mia malattia, un semplice sanguinamento poteva trasformarsi in un’emorragia. E lei di questa malattia si sentiva responsabile: era infatti portatrice del cromosoma X alterato, che mi aveva trasmesso. A causa di questa anomalia cromosomica, il mio organismo era incapace di produrre due proteine, il fattore VIII e IX, che favoriscono la formazione di fibrina, una proteina della coagulazione del sangue. È questo il motivo per cui la malattia colpisce prevalentemente i maschi, mentre le donne sono portatrici sane dell’alterazione cromosomica. Oggi per fortuna esistono farmaci sicuri in grado di controllarla. Mentre nel passato, derivati da plasma umano, hanno provocato non poche infezioni, soprattutto epatite C (95%) e Hiv (50%), perché i processi di derivazione dai campioni di sangue non erano ben controllati. Io stesso sono stato vittima di un’infezione da Hiv, che mi ha creato più problemi dell’emofilia stessa».

A parlare della sua malattia, in occasione dell’evento che si è tenuto a Milano: “Raccontare la rarità: malattie rare, pazienti e media”, è Andrea Buzzi, socio fondatore di Fedemo (Federazione delle Associazioni Emofilici) e presidente della Fondazione Paracelso, che nasce nel 2004 con la costituzione di un fondo di solidarietà a favore degli emofilici che negli anni ’80 avevano contratto l’Hiv dai farmaci con i quali si curavano. E oggi la Fondazione è impegnata, assieme al Policlinico di Milano, a garantire le cure adeguate e sicure ai pazienti. Ma non solo: è partita di recente anche l’attività in alcuni Paesi africani, come lo Zambia, per finanziare programmi di supporto e distribuzione di farmaci per la cura di questa malattia, che colpisce un soggetto su 5mila maschi ed è considerata “rara”, anche se è tra quelle con il maggior numero di malati.
«Esistono due forme: quelle congenite, che compaiono fin dalla nascita, e quelle acquisite, che possono essere diagnosticate anche in età adulta», spiega la dottoressa Maria Elisa Mancuso, che lavora presso il Centro di Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” dell’Ospedale Policlinico di Milano. «Si distinguono tre tipi di emofilia: grave, moderata, lieve, che richiedono trattamenti differenziati e personalizzati. Solitamente l’emofilia, causata dalla mancanza di fattore VIII della coagulazione, che è la più grave, richiede terapie ad uso cronico per tenere sotto controllo la malattia nel tempo. Nelle forme moderate si può utilizzare la terapia solo al bisogno, con una semplice infusione per endovena che dura 2/4 minuti e scongiura l’emorragia. Tra  le forme di malattia acquisita, molto più rara (1-2 casi ogni milione di persone), esiste una forma che si manifesta dopo il parto: può provocare emorragie anche gravi e deve essere trattata rapidamente con terapie mirate. E’ in commercio da poco un nuovo farmaco, il fattore VIII della coagulazione di origine suina. Una rassicurazione in più per i pazienti: le terapie oggi utilizzate sono sicure e non presentano i pericoli di infezioni che anni addietro purtroppo potevano provocare».

A rischiare nel passato sono stati anche i pazienti affetti da un’altra malattia molto rara, l’angioedema ereditario (un malato su 50mila), che si cura con terapie derivate dal sangue. «È causata dalla mancanza di un enzima (C1 inibitore) nel sangue che controlla la produzione di bradichinina, un’altra proteina correlata alla permeabilità dei tessuti che, in questi casi, si gonfiano a dismisura e provocano edemi», spiega il professor Marco Cicardi dell’Ospedale Sacco di Milano. «La situazione più grave si verifica quando compare un edema alla laringe che può portare a un’improvvisa ostruzione delle vie respiratore e diventare anche letale. Negli anni ’70, quando la malattia era da poco stata identificata, si curava con iniezioni di plasma e derivati del sangue, molto spesso mal controllati e per tanto causa di infezioni anche gravi come epatiti e Hiv. Oggi la proteina in questione si estrae dal sangue con un sofisticato procedimento di frazionamento del plasma ed è perciò sicura. In questi casi anche i dosaggi sono diventati sempre più personalizzati e la somministrazione del farmaco può avvenire solo al bisogno, con auto-infusione da parte del paziente». Un motivo in più per controllare questi improvvisi edemi che, nei casi più gravi, cambiano persino la fisionomia del volto della persona colpita. «Ricordo mia mamma che, quando aveva questi improvvisi episodi edematosi al volto, si nascondeva per non spaventare noi bambini», conferma Pietro Mantovano, presidente di AAEE Onlus, l’Associazione Angioedema ereditario (www.angioedemaereditario.org).
«Agli inizi degli anni ’70, la scarsa conoscenza di questa patologia e le poche cure a disposizione consistevano in alcuni derivati del sangue aspecifici, con tutti i rischi di infezioni che potevano comportare. Oggi abbiamo a disposizioni quella specifica proteina che viene addirittura iniettata per endovena dal paziente stesso, durante l’attacco. Nelle sedi della nostra Associazione insegniamo ai pazienti ad autosomministrarsi questo farmaco in caso di bisogno. Forniamo loro anche consulenze ed eventuale assistenza a domicilio. In questi anni abbiamo monitorato e compilato un Registro dei pazienti affetti da questa malattia in tutt’Italia che sono circa 923 censiti dai 14 centri specializzati presenti sul territorio».

di Paola Trombetta

 

Campagna social per valutare il numero dei malati

È nella Giornata Mondiale delle Malattie Rare del 28 febbraio (vedi news già pubblicata) che viene lanciata la Campagna “Rare Count”, promossa da Shire per sensibilizzare le persone sulle malattie rare, più di 7 mila, con 350 milioni di persone nel mondo, di cui 2 milioni solo in Italia. Accessibile a tutti, la si trova sul sito: www.shire.com/RareCount e si propone di calcolare il numero potenziale di contatti dei social colpiti da malattie rare. Visitando il sito, infatti, ciascun utente potrà calcolare il “Rare Count” personalizzato e condividerlo tramite Facebook, Twitter o Linkedin. Per ogni profilo social attivato, Shire contribuirà con il versamento di un contributo per ognuna delle grandi organizzazioni di pazienti con malattie rare. In Italia, in particolare, Shire sponsorizza l’iniziativa: “Con la ricerca le possibilità sono infinite” di Uniamo-Federazione Italiana Malattie Rare Onlus, che prevede tante attività di sensibilizzazione sul tema. Inoltre ha stabilito un accordo pluriennale con Telethon, con un investimento di 17 milioni di euro a favore dei ricercatori del Tigem di Napoli, l’Istituto diretto da Andrea Ballabio per la ricerca e lo sviluppo di patologie neurodegenerative e da accumulo lisosomiale.  P.T.

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