I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE SI CURANO CON LA PET-THERAPY

Anche quest’anno il 15 marzo ricorre la “Giornata del fiocchetto lilla”, dedicata alla prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare”, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sulle diverse patologie e cause.  Solo in Italia, interessano più di 2 milioni di giovani, e si manifestano in prevalenza tra i 15 e i 19 anni, con nuovi casi di esordio in età infantile e nelle donne adulte. A soffrirne, in particolare, sono le donne con problematiche che vanno dall’alimentazione incontrollata a patologie più gravi come l’Anoressia e la Bulimia nervosa. I primi “segnali” possono comparire anche nella preadolescenza e spesso vengono sottovalutati perché sono spesso mutevoli.

Le cause dei disturbi del comportamento alimentare non sono ben definite e certamente non univoche ma multifattoriali: comprendono infatti diversi fattori psicologici e biologici. Per il successo del trattamento sono fondamentali la diagnosi precoce e una cura tempestiva affidata a un’équipe di specialisti . Può essere lungo il percorso di chi soffre di disturbi alimentari e in Italia ci sono diversi e interessanti trattamenti di cura portati avanti da medici e psicologi.

A Vicenza, la psicologa e psicoterapeuta Michela Romano del Centro Pet Therapy dell’ULSS 4 Alto Vicentino ha costruito un progetto terapeutico che ha coinvolto 14 giovani ragazze seguite dal Servizio ambulatoriale di questo presidio. Le abbiamo rivolto qualche domanda, per saperne di più.

Dottoressa Romano come è nato il progetto “Argo, un cane per amico”? 

«Ho avuto la possibilità, con altri colleghi, di creare un Servizio che si occupa di IAA (Interventi Assistiti con gli Animali), meglio conosciuti come Pet- Therapy . Sono convinta che attraverso gli animali si possa costruire un percorso di natura terapeutica. Argo in particolare è un progetto pilota che ha coinvolto due gruppi di ragazze in cura presso i Servizi del DCA: sette hanno continuato la terapia classica, mentre ad altre sette è stata affiancata la Pet -Therapy. Abbiamo selezionato ragazze dai 14 ai 19 anni , amanti degli animali, con caratteristiche e disturbi simili, nonostante l’età differente. Mi riferisco all’insicurezza, a tratti di immaturità, a problemi nella sfera delle relazioni e al conseguente disturbo nei rapporti con il cibo. I cinque cani invece, ospiti del Canile di Vicenza, sono stati selezionati con il contributo dei Medici Veterinari. Sono cani che hanno un passato di abbandono e maltrattamento».

Come è stato organizzato il percorso, che mi pare sia durato 14 settimane?

«Il progetto è stato suddiviso in due parti. Nella prima parte le pazienti hanno acquisito le competenze teorico –pratiche per la gestione ed educazione del cane e le modalità di relazionarsi con esso. Partendo dal tema dare ai cani del canile una seconda opportunità di vita”, sono state affrontate tematiche che, per le pazienti, potevano avere delle risonanze positive nel loro percorso terapeutico. Nella seconda parte, che si è svolta  presso il canile di Vicenza, le pazienti si sono occupate praticamente della socializzazione e dell’educazione dei cinque cani che presentavano difficoltà soprattutto di tipo relazionale nei confronti dell’essere umano, con l’obiettivo di renderli più idonei all’adozione».

Ma le ragazze hanno da subito accettato di partecipare al progetto?

«Qualcuna  ha aderito subito, altre erano perplesse non capendo come il cane potesse aiutarle nel processo di cura. Questo è stato il tema portante dell’intero progetto: “cosa c’entrano i cani con i nostri problemi?”, per poi diventare: “va bene che abbiamo problemi simili e dobbiamo migliorare nelle relazioni, ma come metteremo in pratica quello che stiamo facendo ora nella vita quotidiana?”. Le risposte le hanno avute nel tempo, a mano a mano che si fidavano l’una dell’altra, che si supportavano, che riuscivano in quel gruppo a essere se stesse. Grazie alle modalità gestaltiche nella conduzione del gruppo, le ragazze hanno focalizzato i loro bisogni, sono riuscite a riconoscerli e, attraverso lo psicodramma, mettere in scena il proprio sentire e trovare strategie per andare incontro a una gestione migliore delle dinamiche relazionali».

Dal punto di vista dei risultati, quali sono stati i miglioramenti?

«Le aree psicologiche sulle quali  abbiamo  lavorato sono state quelle relative al miglioramento delle relazioni interpersonali, autostima e sintomi di disagio. Sebbene entrambi i gruppi abbiano avuto dei miglioramenti clinici in tutte le aree, si è registrato un miglioramento più marcato nel gruppo sperimentale con i cani. I segni tangibili del miglioramento si sono registrati nella vita quotidiana delle ragazze. Chi era in difficoltà con la scelta scolastica è riuscita a cambiare scuola, qualcuna è riuscita a essere più autentica nelle relazioni con gli altri, qualcuno ha avuto dei chiarimenti con i genitori, chi ha chiuso una relazione amorosa disturbante. Altrettanto interessanti i risultati riferiti ai cani: le difficoltà legate alla paura e alla diffidenza verso le persone estranee sono notevolmente diminuite e uno di essi ha trovato una nuova famiglia, a dimostrazione che le ragazze hanno fatto un buon lavoro».

E nel ”rapporto con il cibo”, avete notato un  diverso atteggiamento? Ne avete parlato?

«Ne abbiamo parlato anche se è chiaro che i  DCA non sono malattie legate al cibo, all’appetito, ma malattie della relazione, “dell’amore”. L’alimentarsi in modo anomalo è un sintomo che la paziente ha un problema con i propri vissuti dolorosi di relazioni. Per poter aiutare queste pazienti, sarà importante definire la loro struttura di personalità e comprendere il significato che il sintomo, cioè il rapporto disfunzionale con il cibo, rappresenta. Per questo motivo, affinché queste pazienti si possano realmente aiutare nel processo di cura, lavorare esclusivamente sull’educazione rispetto al cibo risulta non efficace; piuttosto bisognerà pensare a un percorso psicoterapico che, partendo dalla struttura di personalità della paziente, l’aiuterà a esplorare il suo reale problema». 

Lo Studio ci conferma come la pet-therapy, affidata a esperti professionisti, possa arricchire il setting terapeutico, offrendo ai pazienti validi stimoli emozionali utili a rinforzare l’alleanza terapeutica con lo psicoterapeuta, permettendo al processo di cura di svolgersi anche con tempi più brevi. Non dimentichiamo anche il beneficio per i cani del canile che, oltre ad avere una possibilità in più di essere adottati, possono ricoprire un ruolo importante e non essere vissuti nel pensiero comune come soggetti “inutili” o addirittura di peso per la società.

Concludiamo dunque con un grazie speciale  a Hobson, Buster, Nabi, Cloe, Tinker che hanno percorso e condiviso con le  giovani donne spazi, giochi, difficoltà, desideri ed emozioni. Per saperne di più:

centropettherapy@ulss4.veneto.ithttp://www.ulssvicenza.it/nodo.php/1946

 

di Barbara Bargna

 

Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA)

Queste patologie continuano a colpire in prevalenza le donne tra i 15 e i 25 anni . I dati  stimano che  nella popolazione femminile la frequenza è di circa dello 0,3-0,5% (un caso ogni 200-300 persone) per l’Anoressia nervosa e dell’1-2% (un caso ogni 50-100 persone) per la Bulimia nervosa . A volte si è parlato di una vera e propria “epidemia” dei Disturbi del Comportamento Alimentare anche se in realtà alcuni dati scientifici sembrano smentire un così vertiginoso aumento; certo è che le civiltà occidentali e più industrializzate sembrano essere le più colpite e le più a rischio, mentre è più rara la loro presenza in paesi in via di sviluppo.

Cosa si intende esattamente per Pet Therapy?
Gli IAA, Interventi Assistiti con gli Animali, meglio conosciuti come pet-therapy sono attività che permettono di entrare nella relazione di aiuto con chi ha un disagio, una sofferenza, una disabilità. Attraverso una équipe specializzata è possibile costruire dei percorsi di natura terapeutica, educativa, riabilitativa o anche ludico ricreativa, che permettono alla persona di migliorare lo stato di salute fisica, psichica, psicologica, di aumentare le competenze motorie, ecc.  Gli animali scelti per la pet therapy appartengono alle specie domestiche (cane, gatto, asino e cavallo sono i più utilizzati) e devono possedere requisiti comportamentali e relazionali certificati e/o riconosciuti da un Medico Veterinario. L’animale non è il vero terapeuta, ma un “attivatore emozionale e motivazionale” che aiuta chi interviene nel suo lavoro terapeutico o educativo, proprio grazie alle emozioni che riesce a suscitare nelle persone.
(B.B.)

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