INCONTINENZA URINARIA: UN TABU’ DA SUPERARE

Indossare il costume da bagno e gli abiti chiari e attillati tipici dell’estate può diventare un problema per chi soffre di incontinenza urinaria. Lo sanno bene i 3 milioni di italiani colpiti da vescica iperattiva, più della metà sono donne, che vivono nel quotidiano un disturbo molto impattante sulla loro vita, rischiando di compromettere la sfera lavorativa, sociale e affettiva. Vergogna, imbarazzo, rabbia, frustrazione, insicurezza e, per le donne, senso di perdita della femminilità: sono gli stati d’animo che scandiscono la quotidianità. Sentimenti “sommersi”, perché uno degli aspetti che contraddistinguono questa condizione è la riluttanza a parlarne e a rivolgersi al medico, nell’errata convinzione che si tratti di un problema inevitabile e che non ci siano terapie efficaci per affrontarlo.

A rompere il silenzio su questo tabù è un’indagine, condotta per conto di Astellas, dall’Istituto ISPO Ricerche del professor Renato Mannheimer che ha esplorato l’impatto sulle donne dell’incontinenza urinaria da Vescica Iperattiva su due fronti: da un lato, attraverso un “Bulletin Board”, un forum di discussione online al quale hanno partecipato un gruppo di donne con incontinenza urinaria; dall’altro, un’analisi sulle web community in cui si discute di questa tematica.

«La sindrome da vescica iperattiva è tra le condizioni a maggior impatto per la qualità di vita dei pazienti, sia per quanto concerne la quotidianità che per il vissuto psicologico», commenta Stefano Salvatore, responsabile dell’Unità funzionale di Uroginecologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano e presidente del Congresso nazionale SIUD (Società Italiana di Urodinamica), che si svolge a Milano dal 19 al 21 giugno. «I pazienti vivono con l’angoscia costante di dover correre in bagno in qualunque momento, di dover sempre cercare una toilette, di indossare vestiti neri per paura delle macchie, di emanare un odore sgradevole, di portare i pannoloni. Tutto questo viene vissuto con ansia, vergogna e imbarazzo, perdita di autostima, gravi sensi di colpa che in molti casi portano all’isolamento sociale e alla negazione della vita affettiva e sessuale».

L’indagine ISPO conferma che l’incontinenza urinaria è ancora oggi un tabù: scarsa informazione, vergogna e pregiudizi, solitudine, rassegnazione e autogestione del disturbo sono la norma. Si stenta a considerare l’incontinenza una vera malattia che, di conseguenza, deve essere affrontata parlandone con il medico e trattata con i farmaci. Le donne hanno bisogno di sapere “cos’è”, vorrebbero parlarne con qualcuno, sono disorientate, l’imbarazzo le frena e allora si rivolgono al web, ma le informazioni che circolano in internet e tra le web community sono inaffidabili, poco credibili e non aiutano a trovare percorsi di cura.

«L’obiettivo del nostro studio sta nel portare consapevolmente queste donne ad abbandonare il proprio atteggiamento di rassegnazione per adottarne uno di piena e attiva ricerca di informazione e di possibili percorsi di cura», afferma Paola Tuè, Direttore del Dipartimento studi qualitativi, ISPO Ricerche. «Prima di diffondere informazioni corrette sui farmaci esistenti, è necessario “fare cultura”, acquisire la consapevolezza che l’incontinenza urinaria è un disturbo largamente diffuso, trattabile con i farmaci per uso cronico e dunque curabile». Le opzioni disponibili sono efficaci e permettono di contrastare o ridurre enormemente la sintomatologia.

«I farmaci oggi disponibili per curare la Vescica Iperattiva sono i tradizionali antimuscarinici che agiscono sui recettori muscarinici presenti sul muscolo detrusore vescicale e nell’uretra, riducendo i sintomi di urgenza, frequenza e incontinenza», spiega Andrea Tubaro, Professore associato di Urologia alla Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma e Responsabile dell’Unità di Urologia, dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. Da pochi mesi è disponibile un farmaco innovativo, mirabegron, il primo di una nuova classe di agonisti dei recettori beta-3-adrenergici presenti sulla vescica, che si lega ad essi inducendo il rilassamento dei muscoli vescicali. La tendenza che si sta affermando è quella di utilizzare mirabegron come farmaco di prima scelta».

Purtroppo le difficoltà di accesso a questi farmaci, non rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, sono uno degli aspetti che contribuiscono a peggiorare l’aderenza alla terapia, la sintomatologia, la quotidianità e il vissuto di queste donne che vivono l’incontinenza urinaria come una sorta di prigione fatta di silenzi, sofferenza e disagio.

«L’incontinenza urinaria è ancora oggi un disturbo molto imbarazzante – osserva Michele Meschia, Direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale “G. Fornaroli” di Magenta. «Le donne nella maggior parte dei casi non ne parlano spontaneamente, pur essendo assai frequente il fenomeno nella fascia d’età perimenopausale. Celano la malattia per salvaguardare la privacy, quasi a volersi tutelare, in parte a causa dell’educazione, in parte per un fatto culturale che considera la perdita di urine come qualcosa di ineluttabile, legato all’invecchiamento e che bisogna in qualche modo accettare, senza sapere che ci sono invece trattamenti che potrebbero risolvere il problema».

di Paola Trombetta

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