“HELICOBACTER” E DISTURBI IN GRAVIDANZA: QUALE RELAZIONE?

Dopo gastrite e ulcere, “effetti collaterali” a larga diffusione provocati dall’Helicobacter Pylori, questo batterio potrebbe essere responsabile anche di alcune complicanze correlate alla gravidanza: dalla carenza di ferro e vitamina B12, fino a esiti ancora più gravi quali aborto spontaneo e malformazioni fetali. La scoperta, recente, arriva da uno studio condotto dalla Professoressa Tullia Todros, direttore della divisione di Ginecologia ed Ostetricia Universitaria 2 dell’Ospedale Sant’Anna, Città della Salute di Torino e dalla sua équipe. «Abbiamo effettuato un’accurata ricerca in letteratura fra gli studi già esistenti sull’argomento – spiega la professoressa – per comprendere la possibile correlazione fra questo batterio e alcuni disturbi gastrici, quali ad esempio forme di vomito importanti che insorgono nei primi mesi di gestazione (iperemesi gravidica) e altre manifestazioni a livello gastroenterico».

Ma la novità più significativa riguarda l’insorgenza di altre implicazioni correlate alla maternità. «Il batterio – continua la specialista – sarebbe in grado di sottrarre all’organismo micronutrienti molto importanti in gravidanza, quali ferro e vitamina B12, qualificandosi come corresponsabile dell’insorgenza di anemia sideropenica materna (carenza di ferro, appunto) e di malattie gravi per il nascituro, come la spina bifida». Questi i possibili rischi se la gravidanza viene portata a termine, perché può esistere anche l’eventualità che il batterio, interagendo con alcuni antigeni localizzati nel tessuto placentare e sulle cellule endoteliali, causi un aborto spontaneo. «Questo danno cellulare – aggiunge Todros – che genera un’infiammazione e uno stress ossidativo sia a livello locale, favorendo tutta una serie di disturbi gastrointestinali, ma anche sistemico, può essere alla base dello sviluppo della pre-eclampsia, ossia una sindrome caratterizzata nella donna in attesa dalla presenza, singola o in associazione, di ipertensione e proteinuria, e di alcuni disturbi nella crescita del feto».

Problematiche, al momento, non curabili o prevenibili. Ma si può ipotizzare che l’eradicazione preventiva o definitiva dell’Helicobater Pylori con una terapia farmacologica alla manifestazione dei primi sintomi (bruciori allo stomaco, eruttazione frequente, vomito, reflusso), e comunque prima dell’inizio della gravidanza, possa prevenire almeno una parte di queste patologie. Una tesi, però, ancora tutta da confermare: saranno necessari ulteriori studi prima di poter proporre alle donne che programmano una gravidanza test diagnostici per l’Helicobacter Pylori che richiedono la ricerca di alcuni antigeni specifici nelle feci, il test del respiro e/o una endoscopia.

C’è anche un ostacolo in più perché si tratta di un batterio difficile anche da prevenire: si trasmette infatti per via orale (contatti diretti, goccioline di saliva) o oro-fecale sia in forma diretta, ossia da persona a persona, sia con l’ingestione di acqua contaminata, verdure inquinate da acque contaminate, cibi maneggiati con mani non adeguatamente lavate. Il microrganismo, una volta entrato nello stomaco, vi prolifera a lungo, trovando nelle condizioni di umidità un perfetto habitat naturale. Sarà poi un problema debellarlo. Dunque, al momento, l’unica tutela per evitarlo si avvale del rispetto delle abitudini igieniche come lavarsi le mani prima di toccare o mangiare i cibi, non scambiare gli strumenti per la pulizia della bocca, specie se si viene a contatto con un bambino piccolo, il più soggetto a contrarre la malattia che persisterà in età adulta. È questa la ragione per cui gli specialisti ritengono che il batterio sia nel corpo della mamma già prima della gravidanza. «I cambiamenti ormonali e immunologici tipici della gestazione – conclude la professoressa Todros – attiverebbero l’infezione latente da Helicobacter Pylori ma, aspetto positivo, gli anticorpi specifici contro questo batterio verrebbero trasferiti al feto sia attraverso la placenta che il latte materno, rappresentando per il bambino una potenziale difesa contro di esso».

In termini clinici come verrà sfruttata la scoperta? Servirà in primo luogo da stimolo per la realizzazione di un vaccino contro i problemi di farmaco-resistenza e reinfezione, e darà avvio a studi per la valutazione dell’efficacia di uno screening sulle donne che intendono iniziare una gravidanza (ed eventuale trattamento dei casi positivi). In più si cercherà di capire se il batterio può essere associato anche allo sviluppo di altre patologie della gravidanza quali diabete mellito gestazionale, colestasi (reflusso) gestazionale e parto pre-termine spontaneo. Per evitare danni fetali importanti o esiti nefasti che potrebbero essere evitati.

di Francesca Morelli

Articoli correlati