CELIACHIA: AUMENTANO LE DIAGNOSI

Sono in crescita costante, e ancora in progressione, i casi diagnosticati di celiachia. Arrivati a oltre 135 mila alla fine del 2012, un numero che è raddoppiato in soli cinque anni, con percentuali di incremento di circa il 10% l’anno, siamo ancora molto lontani dalle 600mila diagnosi attese nella popolazione generale italiana. Un problema che merita attenzione, non solo da parte di medici e specialisti, ma anche della gente comune. Per questo sono stati organizzati incontri informativi sulla celiachia nell’ambito del Progetto “In fuga dal glutine” che avranno come momento clou l’evento “Celiachia: scegli il giusto, scegli il gusto” in programma il 14 maggio prossimo a Pavia. Sabato 4 maggio a Frosinone si svolgerà un congresso promosso dall’Associazione Italiana Celiachia (www.celiachia.it). Come malattia autoimmune, importante, seria, spesso sottovalutata e misconosciuta, la celiachia è determinata da una intolleranza permanente al glutine, una componente proteica di alcuni cereali. Cresce il numero di celiaci non solo grazie alle migliorate capacità diagnostiche, ma anche per il consumo di qualità di grano, più ricche di sostanze “nocive”, il cui sviluppo è stato favorito dalla meccanizzazione e dalla esasperata produzione industriale. «Prolamine e glutenine presenti nel frumento, segale, orzo, farro e kamut sono le sostanze incriminate, in grado di innescare nel celiaco una serie di risposte alterate del sistema immunitario a danno soprattutto dell’intestino tenue – spiega il Professor Umberto Volta, del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e presidente dei consulenti scientifici dell’Associazione Italiana Celiachia. Da qui l’importanza di una diagnosi tempestiva e accurata al fine di prevenire il possibile sviluppo di altre patologie autoimmuni, tra cui il diabete di tipo I e la tiroidite autoimmune, e di manifestazioni cliniche rilevanti quali osteoporosi, infertilità, danni neurologici e, in rari casi, il linfoma intestinale». Frenare l’esplosione di nuove diagnosi non è semplice: perché si nasce con una predisposizione genetica alla celiachia, la quale potrà poi manifestarsi a qualsiasi età, complici fattori ambientali e stili di vita. «La celiachia – continua il Presidente – può essere scatenata da alcune infezioni virali, quali quelle da Rotavirus o Adenovirus, gastroenteriti di natura batterica contratte in paesi con scarse condizioni igieniche o infezioni da parassiti». Spesso sottostimati sono i fattori psico-emotivi che, invece, possono avere un’ influenza importante su un habitus genetico più fragile, perché già predisposto. «Non sono insolite le diagnosi avvenute nella fase del puerperio – commenta ancora Volta – dopo una gravidanza trascorsa in modo del tutto naturale o a seguito di forti stress legati a traumi, lutti familiari o eventi chirurgici». Sesso, in prevalenza femminile, familiarità con almeno un congiunto di primo grado celiaco, impongono di fare più attenzione alle manifestazioni con cui la malattia può comparire: diarrea cronica, perdita di peso, fatica cronica, anemia, rash cutaneo e dolori addominali. «Prevenzione e cura – conclude il Presidente – consistono principalmente nell’adesione rigorosa a una dieta senza glutine (i prodotti in commercio sono identificabili con una spiga di grano sbarrata, logo dell’Associazione Italiana Celiachia), da continuare per tutta la vita, e da impostare con uno specialista per evitare carenze nutrizionali». Essenziale a fianco della dieta è anche l’adozione di buone norme anti-glutine per evitare la contaminazione dei cibi: lavare le mani dopo qualsiasi lavorazione con alimenti che contengono glutine, tenere pulita ogni superficie e attrezzi da cucina (solo per gli utensili di legno e plastica è bene l’uso dedicato a cibi “gluten-free”) da eventuali residui di sostanze a rischio, utilizzare acqua o olio di cottura ad uso esclusivo per questi alimenti, cuocere, in caso di cottura al forno, cibi con e senza glutine in tempi diversi.

di Francesca Morelli

SEI SENSIBILE AL GLUTINE? AL VIA UNO STUDIO NAZIONALE

Coinvolgerà più di un migliaio di pazienti il primo studio nazionale per valutare la sensibilità al glutine, promosso dall’Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri (AIGO) e coordinato dal Centro per lo studio della Celiachia del Policlinico di Milano. «Si stima che questo problema riguardi oltre 6 milioni di persone e spiegherebbe quei disturbi, come difficoltà digestive, gonfiore, eczemi, prurito, cefalea che molti manifestano quando mangiano i cereali», fa notare il dottor Luca Elli, coordinatore dello studio. «A provocarli sarebbe appunto il glutine, una proteina presente in elevate quantità in alcuni alimenti quali frumento, orzo e segale. Mentre nel celiaco si evidenziano segnali inconfondibili di malattia (diarrea, dolori addominali, dispepsia) che cessano eliminando il glutine dalla dieta, chi è sensibile a questa proteina può avvertire sintomi più sfumati: spesso si confondono con quelli tipici del colon irritabile ma, a lungo andare, potrebbero degenerare in una vera e propria intolleranza al glutine e provocare quell’infiammazione della mucosa duodenale che è tipica della celiachia, malattia che colpisce in Italia più di 500 mila persone».

Chi potrebbe partecipare a questo studio e con quali modalità vengono arruolati i pazienti? «Tutte le persone che hanno lievi disturbi di malassorbimento a livello intestinale», risponde il dottor Elli. «Occorre fare un esame del sangue preliminare per escludere la presenza di anticorpi anti-transglutaminasi, segno inequivocabile di celiachia e fare un test per escludere di avere una vera e propria allergia al frumento. Eliminate queste due ipotesi, si segue una dieta senza glutine per circa un mese e mezzo e si valutano eventuali cambiamenti dei sintomi: se si riscontrano miglioramenti, vuol dire che il soggetto è sensibile al glutine. Le persone con questa sensibilità verranno poi seguite per almeno 14 mesi e i dati saranno elaborati e analizzati per valutare le variazioni dei sintomi, al cambio della dieta. Si tratta di un primo studio a cui ne potrebbero seguire altri, per capire cosa accade nel tempo ai soggetti con questa sensibilità».

Per partecipare al trial clinico: glutoxtrial@gmail.com

di Paola Trombetta

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