PRESERVARE LA FERTILITA’ PRIMA DELLA CHEMIOTERAPIA

Alberta è la coraggiosa mamma che, tre anni fa, all’età di 34 anni, nonostante la diagnosi di tumore al seno ha deciso, prima di sottoporsi alla chemioterapia, di congelare una decina di ovociti per non privarsi della possibilità di procreare. Una lotta contro il tempo: la diagnosi inaspettata di tumore e l’intervento di mastectomia totale. Neppure un istante per pensare che forse, la chemioterapia a cui doveva sottoporsi, l’avrebbe privata per sempre della gioia di una maternità. Ma Alberta era assolutamente determinata! Ha rimandato le cure oncologiche di qualche settimana, per consentire il prelievo degli ovociti, dopo opportuna stimolazione, e farli congelare, in attesa che la sua malattia si fosse stabilizzata. Il suo desiderio è stato esaudito grazie alla professionalità e all’esperienza del Centro di Fertilità e Procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola-Università di Bologna, diretto dalla dottoressa Eleonora Porcu. Ed è nato Fabio!

Ogni anno si contano in Italia 2420 nuovi casi di tumore al seno in donne in età fertile (15-39 ani): dal 40 al 70% hanno problemi di infertilità e solo il 3-7% riesce a portare avanti una gravidanza naturale. Una percentuale molto ridotta, a causa dei danni che provoca la chemioterapia all’apparato riproduttivo. E allora perché non pensare di congelare gli ovociti, prima delle terapie oncologiche? Oggi questa metodica si sta diffondendo sempre più in molti Paesi, soprattutto gli Stati Uniti. Riconosciuta ufficialmente dall’American Society for Reproductive Medicine in occasione del recente congresso di San Diego, stenta però a essere praticata nel nostro Paese, a causa di pregiudizi ancora molto diffusi e della scarsa informazione a riguardo. A rassicurare le donne si sono espressi gli specialisti al “Tecnobios Procreazione Symposium” di Roma. <Sono ormai numerosi gli studi scientifici che attestano come la crioconservazione di ovociti sia una procedura valida e sicura per le donne la cui fertilità è a rischio>, assicura il dottor Andrea Borini, presidente del Congresso e della Società Italiana di Conservazione della Fertilità ProFert (www.profert.org). <Potrebbero utilizzare questa tecnica tutte le donne che devono sottoporsi a cure oncologiche, potenzialmente dannose per l’apparato riproduttivo. Purtroppo però in Italia le pazienti con un tumore non sono adeguatamente informate su questa possibilità che consente loro di conservare la propria fertilità e di poter avere un figlio, una volta guarite, senza dover magari ricorrere all’ovodonazione, oggi vietata in Italia>.

Una recente indagine, condotta da ProFert, su diverse centinaia di donne con un tumore ematologico (leucemie e linfomi), seguite in alcuni centri italiani, tra cui l’IEO di Milano, il Dipartimento di Ematologia “La Sapienza” di Roma, la Fondazione G.Pascale di Napoli, dimostra come le pazienti oncologiche non vengano sempre informate sulla possibilità di conservare i propri ovociti, né vengono distribuiti opuscoli informativi a riguardo, a differenza di quanto avviene ad esempio nei centri oncologici oltre-oceano. Si dà la priorità alla cura del tumore e alla qualità di vita del paziente, dimenticando che il mantenimento della fertilità potrebbe essere proprio l’elemento che darà un senso alla vita futura. <E’ fondamentale che l’oncologo parli al paziente delle tecniche per il congelamento dei gameti, una procedura semplice per il liquido seminale, più complessa per gli ovociti che devono prima essere portati a maturazione con farmaci specifici e poi prelevati con un intervento che richiede anestesia e degenza in day-hospital>, puntualizza il dottor Borini. <Se per i tumori ematologici non ci sono problemi nella stimolazione ovarica, qualche perplessità era sorta per i tumori ormono-dipendenti, come quello alla mammella. Ma oggi sono stati studiati protocolli che prevedono l’utilizzo congiunto di farmaci che bloccano la proliferazione ormonale (inibitori dell’aromatasi), con altri (gonadotropine FSH e antagonisti del GnRH) che incrementano la maturazione di ovociti e allo stesso tempo proteggono l’ovaio>.

<Nel caso specifico della signora Alberta e delle altre donne con tumore al seno che stiamo seguendo, abbiamo applicato un protocollo terapeutico che associa la gonadotropina FSH (follitropina alfa ricombinante), utilizzata per stimolare la produzione di ovociti, con un farmaco (letrozolo) che riduce la produzione di estrogeni, pericolosi nella proliferazione delle cellule tumorali, in particolare nei tumori ormono-dipendenti>, spiega la dottoressa Eleonora Porcu, responsabile del Centro di fertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola/Università di Bologna. <Si è visto che queste terapie non hanno dato alcun problema di ricomparsa del tumore>.

Questo dato è confermato da un recente studio scientifico pubblicato sulla rivista internazionale “The Breast Journal”. E’ in corso un altro studio, su più di 300 donne, all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO). <Finora, dopo cinque anni, non abbiamo evidenziato alcun aumento di recidive di tumori, né in donne che hanno avuto una gravidanza naturale, né in donne che sono ricorse alla fecondazione assistita, previo congelamento di ovociti, dopo un tumore>, rassicura il dottor Fedro Peccatori, responsabile del Centro di Fertilità e procreazione in Oncologia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. <Anzi, sembra che la gravidanza sia protettiva: il rischio di mortalità delle donne che partoriscono dopo una malattia oncologica è addirittura più basso rispetto alle donne che decidono di non avere figli. E’ dunque importante rassicurare chi ha un tumore sulla possibilità di preservare la fertilità futura. Considerando che il 10% delle donne sotto i 35 anni vanno in menopausa precoce a causa dei farmaci oncologici, mentre perde la fertilità il 50% di quelle tra 35 e 40 anni, occorre far sapere che, prima di sottoporsi alla chemioterapia, c’è la possibilità di congelare i propri ovociti e avere la tranquillità di poter pensare, in futuro, a una gravidanza>.

Una speranza che, grazie alle moderne tecniche di congelamento di ovociti, ma anche al più complesso prelievo e reimpianto di tessuto ovarico, permetterà persino alle donne con tumore all’ovaio di pensare a una gravidanza futura.

 

di Paola Trombetta

 

OK DEL TRIBUNALE ALLA DIAGNOSI PRE-IMPIANTO

E’ stato uno dei temi più controversi della legge 40, che regola in Italia la procreazione medicalmente assistita: consentire la diagnosi preimpianto dell’embrione, in particolare alle coppie portatrici di malattie genetiche. E’ della scorsa settimana la decisione del Tribunale di Cagliari, che rappresenta un importante precedente giuridico, di permettere la diagnosi preimpianto a una coppia “fertile”, portatrice di una malattia genetica. E’ la prima volta che viene riconosciuto questo diritto a una coppia fertile, che la legge, al contrario, esclude dalla fecondazione assistita. In questo caso però i giudici hanno voluto equiparare la diagnosi preimpianto alla diagnosi prenatale, che sarebbe stata eventualmente effettuata durante la gravidanza tramite amniocentesi o esame dei villi coriali. E questo nel rispetto dell’articolo 14, comma 5, della stessa legge 40, in cui si garantisce alla coppia la possibilità di conoscere lo stato di salute dell’embrione.

(P.T.)

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